Italia - Repubblica - Socializzazione

 

da "Storia del Novecento", n. 67 - novembre 2006

Considerazioni sulla natura giuridica della RSI


Daniele Trabucco *



In questi ultimi tempi, soprattutto in seguito all'insabbiamento della proposta di legge di iniziativa parlamentare che voleva estendere a coloro che militarono nella Repubblica Sociale Italiana la qualifica di combattenti, è tornata in auge la tematica della qualificazione giuridica del governo di Salò.
Personalmente non condivido, poiché non ancorata ad alcun dato positivo, la tesi sostenuta da alcuni costituzionalisti (Balladore Pallieri, Gueli) secondo la quale la RSI altro non fu se non uno Stato-fantoccio, presupposto indispensabile per l'occupazione militare tedesca nell'Italia centro-settentrionale. Su questa linea, si è collocata la maggior parte degli storici contemporanei che vede nell'ordinamento di Salò un vero e proprio regime collaborazionista dei nazisti, incapace di attuare quel programma socialisteggiante propugnato durante il Congresso di Verona del novembre 1943. Ma, in realtà, ci troviamo innanzi ad un'impostazione di parte, coniata dalla ideologia della resistenza, e non aderente alla realtà dei fatti.
Sul piano storico, ha osservato un insigne costituzionalista quale il prof. Livio Paladin, «sono esistiti ed esistono tutt'oggi i più vari regimi fondati sull'appoggio di altri Stati, che tuttavia mantenevano e mantengono una loro originarietà ed indipendenza».
In primo luogo, le norme promanate dalle fonti di produzione del diritto della cosiddetta Repubblica di Salò, durante il biennio 1943-1945, hanno sempre ottenuto media obbedienza da parte di coloro che operavano negli ambiti spazio-territoriali del governo repubblicano a riprova, come confermato dalla teoria generale del diritto, della effettività dell'ordinamento giuridico in questione o meglio, in altri termini, della validità giuridica delle sue disposizioni normative; aspetto difficilmente realizzabile in seno ad uno Stato a sovranità puramente teorica.
In secondo luogo, è significativo come il III Reich tedesco abbia riconosciuto diplomaticamente, e non solo sul piano formale, la Repubblica Sociale di Benito Mussolini attuando uno reale scambio di ambasciatori (a Berlino, andò Filippo Anfuso dopo essere stato richiamato dalla sede diplomatica di Budapest; per il governo di Salò, si insediò Rudolph Rahn già ambasciatore tedesco a Roma), segno evidente e tangibile della non volontà di considerare la RSI una semplice "longa manus" dello Stato tedesco.
A questo punto, dopo aver demolito, con argomentazioni chiare e precise, la tradizionale ed errata visione dello Stato Fascista Repubblicano, risulta necessario chiarire la qualificazione di suddetta realtà alla luce degli elementi giuspubblicistici di cui oggi disponiamo.
La definizione più corretta è sicuramente quella che vede nella restaurazione mussoliniana a Salò, un governo locale di fatto (Giannini). Infatti, se è vero che non si può parlare di Stato nell'accezione moderna del termine in quanto il nuovo ordinamento fascista si caratterizzava per una sovranità limitata e circoscritta ad una porzione del territorio italiano (la parte rimanente era soggetta alla pseudo-sovranità del Regno del Sud), è anche vero come, dati alla mano, non si può negare la presenza di un apparato esecutivo-amministrativo-legislativo, munito di Dicasteri abilmente distribuiti nell'ambito del proprio territorio per un maggior controllo dello stesso (la Presidenza del Consiglio a Bogliaco, il Ministero dell'Interno a Maderno, il Ministero della Difesa a Cremona, il Ministero delle Corporazioni e dell'Economia a Verona, il Ministero dell'Agricoltura a Treviso, ecc.) ed in grado, anche se in maniera non sempre piena, di coordinare la propria azione politica con le iniziative militari della Wehrmacht.
A sostegno di quanto ora affermato, si può portare, a titolo esemplificativo, il tentativo di avvio, da parte della Repubblica Sociale, di un grande programma di socializzazione, non completamente attuato a causa degli interessi bellico-militari delle autorità germaniche, ma volto a ridefinire prepotentemente ed in maniera radicale i rapporti tra capitale e lavoro e tra economia e Stato: la ripartizione degli utili dell'impresa tra fondo di riserva (a favore dei lavoratori) e capitale azionario, la partecipazione dei lavoratori stessi ai consigli di gestione delle fabbriche, ecc.
Inoltre, esiste anche un dato giuridico-amministrativo inoppugnabile che confermerebbe il carattere realmente governativo e sovrano della Repubblica di Salò: il D.lgs.lgt (ossia Decreto legislativo luogotenenziale) 5 ottobre 1944 n. 249 sull'assetto della legislazione nei territori liberati (o dovremmo forse dire occupati con il tradimento), ha salvato la validità e l'efficacia degli atti di ordinaria amministrazione della RSI, perché privi di motivazioni ed implicazioni politiche, differenziando, de facto, gli atti del governo repubblicano mussoliniano in ragione del loro grado di politicità. Dunque non è propriamente corretto sostenere che il solo continuatore dello Stato italiano fu il Regno del Sud dal momento che il riconoscimento dell'attività amministrativa della Repubblica Sociale Italiana risulterebbe sintomatico della presenza di una realtà governativa pienamente sovrana nel proprio territorio ed espressione di coloro i quali non vollero riconoscersi nella compagine governativa del generale Pietro Badoglio. Infine, a conferma di quanto il fascismo repubblicano non si considerasse un mero esecutore delle volontà germaniche ma protagonista attivo nella ricostruzione e nella salvezza dell'Italia dopo il vile tradimento di Casa Savoia, è opportuno ricordare l'annotazione, in data 17 settembre 1943, del Ministro della Propaganda tedesca, Josef Gòbbels, laddove mette in evidenza il ferreo convincimento del Duce non solo di ricostituire il partito fascista e porre le fondamenta per la ricostruzione dello Stato partendo dal più basso gradino amministrativo, ma anche il grande proposito di convocare un'Assemblea Costituente che avrebbe delineato la nuova forma di Stato e di Governo della Repubblica Sociale Italiana. (1)
I Costituenti, riunitisi, per la prima volta, il 22 giugno 1946 e chiamati a redigere la Carta Costituzionale del nuovo ordinamento repubblicano in conformità al referendum istituzionale del 2 giugno 1946, non seppero e non vollero tener conto di questa dicotomia istituzionale comportante una netta ed evidente divisione di sovranità tra due realtà governative opposte ma operanti, entrambe, all'interno del territorio nazionale italiano nell'arco di tempo compreso tra il mese di settembre 1943 ed il mese di aprile 1945. Sono state le forze politiche che si riconoscevano nei Comitati di Liberazione Nazionale a rovesciare il dato storico, facendo prevalere non la verità dei fatti ma unicamente la forza dell'ideologia antifascista. La stessa Costituzione nel sancire, all'art. 3 primo comma, il principio di eguaglianza formale implicante il divieto di discriminazioni «di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali» impedisce alle azioni positive ed ai provvedimenti legislativi di divenire, a loro volta, fonte di ingiustizia, dando luogo a casi di "discriminazione all'incontrario" (la c.d. reverse discrimination secondo la famosa espressione coniata dalla giurisprudenza costituzionale americana della Corte Suprema) proprio come nella fattispecie di cui all'inizio della presente trattazione, dal momento che il legislatore nazionale ha optato per la non estensione ai combattenti di Salò, decisi a riscattare l'infamia del tradimento del 25 luglio 1943, lo status giuridico di combattenti a cui giustamente e doverosamente riconoscere i benefici già riservati a coloro che militarono all'interno dell'intoccabile fenomeno resistenziale. Ma l'elogio più alto, meno retorico e più autentico dello Stato fascista Repubblicano, per il quale i reduci e le loro famiglie debbono essere orgogliosi, venne da uno dei suoi più audaci sostenitori: Alessandro Pavolini, segretario del partito fascista, il teorico di quello che lo storico Renzo De Felice definì "il culto della coerenza": la Repubblica Sociale era «nata nella tragedia» ma anche nella «purezza» dell'animo «di chi si getta nella mischia e prende partito senza calcolo alcuno delle probabilità».


Nota
(1) - Si veda, in merito, l'opera di Gobbels, "Diario Intimo", Mondadori 1948, pag. 606 e seguenti.
 


Bibliografia
BIN R. e PITRUZZELLA G.. Diritto Costituzionale. Torino. Giappichelli. 2004.

CARLASSARE L, Conversazioni sulla Costituzione. Padova. Cedam. 1996.

OLIVA G.. La Repubblica di Salò. Firenze. Giunti. 1997.
PALLA M., Mussolini ed il Fascismo. Firenze. Giunti. 1996.
PALADIN L. Diritto Costituzionale. Padova. Cedam. 1998.
DE FELICE R.. La guerra civile, in Mussolini ed il Fascismo. Torino. Einaudi. 2006.

* Cultore della Materia presso la cattedra di Istituzioni di Diritto Pubblico della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Padova.




 

Il commento della FNCRSI


Abbiamo ricavato queste considerazioni dal numero 67 di "Storia del Novecento", del novembre 2006. Reperibile in edicola. Si tratta di considerazioni che condividiamo in pieno. Tuttavia abbiamo qualcosa da aggiungere.

La prima considerazione che ci sentiamo di fare è molto semplice. Il Governo Badoglio nasce da un Colpo di Stato, mai ratificato da qualche Organo di Stato a ciò delegato. Si tratta di un Governo d’Emergenza. Poco cambia che questo Colpo di Stato sia stato instradato dal Gran Consiglio del 25 Luglio, del quale, lo abbiamo detto e lo ripetiamo, sappiamo ben poco. Un Gran Consiglio durato nove ore del quale nessuno dei partecipanti ha ritenuto di dover rilasciare ampio ed esaustivo resoconto.
Badoglio, o chi per lui, NON HA MAI DENUNCIATO l’alleanza con i tedeschi. Quindi non ha mai compiuto un atto legislativo di convalida delle ragioni del Colpo di Stato concordato privatamente con la monarchia sabauda che, proprio perché si è mossa nell’interesse particolare ed antinazione, e solo per far sopravvivere la dinastia, non avrebbe potuto in alcun modo rappresentare l’intera nazione. Tant’è vero che questa era finita allo sbando.
Al contrario, è andato avanti a suon di menzogne. Ignobili menzogne.
Conclusesi con la fuga, che di fuga si tratta anche se concordata con i tedeschi.
Dopo la fuga, nella "Terra di Nessuno", che rappresenta la maggior parte del territorio nazionale, viene ricostituito un Governo da parte di Mussolini e legittimato dalla fondamentale necessità di far funzionare la "Macchina dello Stato". Gli Stati moderni, infatti, sono strutturati da un ingranaggio che, nell’interesse di tutti i cittadini ed indipendentemente dal colore politico di chi governa, devono poter funzionare.
Il Governo della RSI ha dimostrato di saper far funzionare l’ingranaggio statale. Il ché costituisce un autentico miracolo, se paragonato alla disfunzione sistematica che i cittadini italiani attualmente percepiscono ogni giorno sulle loro spalle.
Essendo pertanto una necessità l’esistenza di un governo, risulta a tutti che il governo della RSI, al momento della sua costituzione, aveva giurisdizione su una fetta molto vasta del territorio nazionale. A seguito dell’avanzata delle truppe anglo-americane questo territorio si è via via ristretto, ma ciò non cambia i termini del problema, essendo quello della RSI l’unico governo legittimo sul territorio nazionale.
Infatti, appena costituito tale governo, sono state ricostituite anche le Forze Armate, strumento "visibile" della sovranità statale, equipaggiate con divise ed armi italiane. Sotto comando italiano. Anzi, per un certo periodo le operazioni belliche furono sottoposte al comando del Maresciallo Graziani, il quale comandava anche unità tedesche. Al contrario, le unità italiane aggregate alle truppe d’invasione vestivano divise inglesi, e queste divise sono rimaste tali fino ad oggi, a documentare la persistenza di una subordinazione evidente a tutti i concittadini. Tale essendo il ruolo delle divise militari.
- Ma non esisteva solo un esercito regolare. C’era anche un esercito di volontari, il cui numero, altissimo, non è paragonabile ad altri eserciti ed altri sistemi politici, di questo e d’altri tempi. Basti pensare che la sola X Mas ebbe 30.000 volontari, poi sistemati in altre unità operative.
- Esistevano poi le formazioni fasciste, fra le quali occorre annoverare la Guardia Nazionale Repubblicana, la G.I.L. ed il Corpo Femminile.
- Infine non possiamo dimenticare le Brigate Nere, ovvero l’espressione militarizzata del P.F.R.
- Insomma, alla fine delle ostilità erano ancora in armi 800.000 persone, la qualcosa ci fa come minimo dichiarare che quanto raccontato finora sugli eventi bellici del 1945 sia piuttosto falso. Anzi, del tutto inventato. Giusto per chiarire la reale consistenza del consenso popolare alla guerra del «sangue contro l’oro».

Va infine ricordata la Sentenza del Tribunale Supremo Militare Italiano n. 747 del 26.04.1954, che va letta per intero, secondo la quale i Combattenti della RSI sono combattenti a tutti gli effetti. (Anche se questo Regime non vuole riconoscere loro questa qualifica. Comportamento che ci lascia del tutto indifferenti tale è il disprezzo che noi abitualmente nutriamo per quest’accozzaglia)

Sempre per rimanere in ambito militare, e dopo aver sottolineato l’assenza di qualsiasi autonomia operativa per i combattenti del Regnicolo del Sud, va ricordato un avvenimento salito di recente agli onori delle cronache. Forse qualcuno, fra i nostri lettori, ricorderà che l’Italia di Badoglio aveva dichiarato guerra nientemeno che al Giappone. Un ricercatore ha cercato fra le carte diplomatiche l’eventuale trattato di pace, ma non lo ha trovato. Gli è stata data una spiegazione del tutto mortificante, ma vera. Poiché il governo del Regnucolo del Sud non aveva alcuna autonomia, anche la dichiarazione di guerra al Giappone non aveva alcun significato. Pure velleità infantili. È come non fosse stata mai dichiarata, e quindi non esisteva alcuna necessità di un trattato di pace. Che quindi non è stato mai stipulato.

E qui entriamo nel vivo della questione. Quella della Sovranità, che possiamo risolvere in poche parole.
Nella società moderna, la vera Sovranità è quella monetaria. Premesso che nell’Italia odierna la Sovranità Monetaria NON ESISTE, siamo tutti SUDDITI del POTERE FINANZIARIO, mentre nel territorio governato dalla RSI i cittadini usavano Moneta di Stato non svalutata, e quelli dell’Italia invasa pagavano i servizi e le merci con le AMLIRE, moneta d’occupazione svalutata ed ulteriormente svalutabile in funzione della massa in circolazione, da stabilirsi a discrezione delle autorità d’occupazione.

Partendo da questa realtà inconfutabile, si arriva ad una conclusione del tutto naturale. Poiché su di un territorio ha giurisdizione lo Stato sovrano e non altri, è chiaro che la RSI doveva avere giurisdizione anche sui territori nazionali invasi, e non il contrario. Tant’è vero che, anche a guerra finita, il cosiddetto Regno d’Italia, gestito da Umberto di Savoia, non contava un bel niente. Inutile spiegare il perché. I documenti si trovano con facilità. Lo stesso Umberto, a referendum completato, dovette fare i bagagli alla svelta su imposizione dell’ammiraglio Stone. Identiche considerazioni potevano esser fatte in relazione allo Stato della Chiesa dopo l’entrata, manu militari, degli italiani in Roma. E fino alla Conciliazione, cioè al 1929, la Chiesa aveva il diritto di aspirare alle terre perdute nel 1870.
Ma da questa constatazione ne emerge un’altra. Poiché il legittimo Governo della RSI non ha firmato alcun trattato di pace perché i suoi membri sono stati assassinati, secondo un metodo anglosassone perpetuato anche ai giorni nostri, e Graziani, nella sua veste di Comandante in Capo delle Forze Armate, si è limitato ad ordinare il «cessate il fuoco», dal punto di vista giuridico le cose stanno oggi per noi com’erano nel 1945.
Tanto più che le «truppe d’occupazione anglo americane» continuano la loro occupazione del territorio nazionale con oltre 100 basi militari, mai abbandonate neppure dopo la caduta del Muro di Berlino, imponendo di volta in volta i governanti che più si attagliano alle loro esigenze del momento e mascherando queste banali operazioni di colonialismo attraverso una costante lobotomia del cervello degli italiani.

Quanto scritto fino a questo momento ci invita ad illustrare ancora un’altra situazione.
La Costituente, nel redigere la Costituzione, ignorò di proposito la realtà dell’occupazione militare alleata e la conseguente assenza di Sovranità e pertanto nessun consenso è venuto dagli italiani all’occupazione stessa. Che pertanto è, dopo oltre mezzo secolo, del tutto illegittima. Attuata soltanto con l’uso della forza. (Oltre 100 basi sul territorio).
Ma questo fatto basilare, che inficia qualsiasi elemento di legittimità di questo Regime, ha un’altra ripercussione gravissima. Infatti l’Italia è il paese che non ha avuto la possibilità di esprimere un’opinione popolare mediante referendum riguardo alle scelte relative all’edificazione dell’Unione Europea. Cioè i due referendum che altri europei hanno votato, come quello per l’adozione dell’Euro e quello per l’approvazione della Costituzione.
Occorre riflettere su questo aspetto, molto grave, che potrebbe essere il riflesso di una situazione d’occupazione militare, tenuta nascosta nelle sue conseguenze, e che esclude in ogni modo la possibilità d’espressione di una qualsiasi «volontà popolare».

A conclusione, c’è solo una critica da fare alla classe dirigente della Repubblica Sociale: noi sappiamo che erano già pronti alcuni Statuti Costituzionali, che erano stati affidati a valenti costituzionalisti. Uno di loro fu Biggini. La Costituente non fu convocata e la Costituzione non fu promulgata. Grave errore. La politica è l’arte dei «fatti compiuti». 
 

Giorgio Vitali