L'«olocausto» nella storiografia futura
Marzio di Belmonte
(16 febbraio 2008)
Come noto anche in Italia,
al pari della Germania, Austria, ecc., stanno per essere varate delle leggi
finalizzate ad impedire, di fatto, il cosiddetto "negazionismo" ovvero la
critica e la contestazione di quanto attestato dall'olocausto, cioè lo sterminio
del popolo ebraico nel corso della seconda guerra mondiale.
Il principio su cui si baserà questo genere di leggi, è quello che estende il
divieto di ogni discriminazione per motivi razziali, etnici nazionali o
religiosi già previsto dalla Legge Mancino; in pratica, farà si che le critiche
o le esternazioni di storici o opinionisti negazionisti dell'olocausto possono
considerarsi diffusione delle idee fondate sulla superiorità o l'odio razziale.
L'ex ministro della Giustizia Clemente Mastella, infatti, quand'ebbe a
presentare il suo ddl che venne approvato all'unanimità dal Consiglio dei
Ministri, affermò: «Negare che quei fatti sono avvenuti significa che quello che
è stato documentato è falso. E' quindi un'offesa alla memoria e alla storia».
In effetti però i revisionisti non negano, a prescindere, la shoah di per se
stessa, essi infatti mettono in dubbio, criticano e rilevano la assurdità o
inconsistenza delle prove, delle testimonianze e della letteratura portata a
sostegno di questo asserito crimine. Il loro è un tipico metodo storiografico,
quello di sottoporre al vaglio della critica e della dimostrazione documentale
quanto si viene storicamente ad asserire. Per questo è veramente inappropriato
il termine, arbitrariamente loro assegnato, di negazionisti essendo questo
metodo quello da sempre utilizzato da qualsiasi storiografia.
Stante però l'andazzo generale è facile prevedere che, passettino dopo
passettino, su la ricerca, la critica e lo studio resi pubblici, su questo
argomento verrà posta, di forza, una pietra tombale.
Immaginiamo allora che per anni non si senta più parlare di negazionismo,
revisionismo e quant'altro sia inerente alla messa in dubbio della shoah.
Proiettiamoci così in un futuro probabilmente alquanto lontano e cerchiamo di
immaginare cosa può accadere quando gli storici del domani, si spera e si
presuppone senza alcun condizionamento o convenienza, dovranno esprimere delle
valutazioni sui fatti storici riguardanti il supposto e scientifico sterminio
del popolo ebraico negli anni '40 del secolo XX, imputato ai tedeschi.
Anzi supponiamo pure, ovviamente per assurdo (ma dato l'andazzo ...), che questo
futuro veda in auge una Repubblica Universale dove ogni razza, ogni etnica ed
ogni religione, compresa quella ebraica, siano diluite in crogiuolo multietnico,
tale da far sparire ogni forma di discriminazione razziale.
In tale contesto si può ragionevolmente sostenere che molto probabilmente i
posteri, qualificati come storici, prendendo in considerazione le prove addotte
a sostegno della shoah (almeno quelle fino ad oggi prodotte) non avranno
difficoltà a liquidare tutta la faccenda dell'olocausto come non dimostrabile,
proprio per i termini e le modalità con cui è stata divulgata.
E questo nonostante che una enorme mole di libri, di articoli, di testimonianze,
di finctions televisive e cinematografiche e quant'altro, oltre ad innumerevoli
processi e relative condanne comminate ad ex militari ed esponenti del Terzo
Reich, abbiano profondamente radicato in tutta la popolazione mondiale la
convinzione che sei milioni di ebrei vennero eliminati in appositi campi di
sterminio, per la maggior parte tramite le camere a gas e poi inceneriti nei
forni crematori.
La mancata conferma, da parte degli storici del futuro, di un abominevole
sterminio del genere, è una inevitabile conseguenza della metodologia
storiografica applicata alla attenta analisi della letteratura olocaustica
anche, ma non sol o, alla luce delle indagini e conoscenze portate avanti,
finché hanno potuto, da quegli storici o studiosi definiti revisionisti tra i
quali dobbiamo citare i lavori del professore americano A. R. Butz autore di
alcune delle deduzioni qui appresso riassunte ed esposte.
Sono deduzioni, quelle del professor Butz, di una logica cristallina che fanno
comprendere e ipotizzare come si porrà e sarà risolto in futuro il problema
dell'olocausto.
Bisogna, infatti, partire dalla considerazione che gli storici lavorano
essenzialmente su testimonianze effettivamente accertate, ma soprattutto su
documenti, riscontri e prove oggettive che vengono analizzati e sottoposti ad
una severa critica per poi essere inquadrati, tramite una convincente deduzione
logica, in una esposizione di fatti e di risultanze storiche.
Con tale metodologia storiografica, gli storici del futuro, non impiegheranno
molto tempo per affrontare e definire il problema dell'Olocausto!
Non si tratta, in sostanza, come detto di negare l'olocausto, quanto di
attestare se ciò che lo sta a testimoniare e dimostrare ovvero le documentazioni
prodotte reggono ad una effettiva analisi e verifica storica.
Dovendo, infatti, prendere atto della mancanza, ad ogni livello, di attestazioni
scritte, ordini, documenti più o meno segreti, fatturazioni e quant'altro
avrebbe dovuto attivare, accompagnare e regolare, in tutti i suoi ambiti
(militari, civili e tecnici) questa inaudita e pluriennale strage (carenza
questa che viene giustificata con la necessità per i carnefici di mantenere
segreto lo sterminio), senza perdersi in particolareggiate, ma fuorvianti
analisi atte a smontare tutta la pubblicistica olocaustica, gli storici
andrebbero subito al nocciolo del problema e quindi è ovvio che faranno le
seguenti considerazioni:
per prima cosa, già a livello concettuale, non potranno non considerare la
contraddizione insanabile presente nell'asserita politica di sterminio della
Germania nazionalsocialista. In poche parole:
- o lo sterminio totale della razza ebraica era strategicamente e
concettualmente presente nei postulati ideologici del nazionalsocialismo e
quindi questo giustificherebbe (parzialmente) il fatto che, nonostante la sua
vastità, impegno ed onerosità, trascese persino (incoscientemente) le necessità
dell'economia di guerra (in questo caso, però, non spiegherebbe la politica di
espulsione ed emigrazione forzata delle popolazioni ebraiche praticata dalla
Germania nei primi due anni di guerra!);
- oppure questo genocidio, non era ideologicamente imprescindibile e fu solo una
possibilità ed una conseguenza degli sviluppi bellici. Ma quest'altra
eventualità, per così dire casuale, risulta nettamente in contrasto con le
necessità belliche e con la stessa produzione di guerra i cui interessi e
strategie non potevano che essere assolutamente preminenti su tutto il resto!
Per seconda cosa, come detto, dovranno prendere atto che manca l'elemento primo
di ogni ricerca storiografica: la documentazione.
Gli storici, infatti, riscontreranno la mancanza di documenti attestanti
l'ideazione e la pianificazione di un così vasto piano di sterminio da parte
della Germania e dell'inesistenza di ordini e certificazioni scritte,
inventario, fatture, mappe e commesse di materiali indispensabili allo sterminio
stesso, ecc., la cui esecuzione avrebbe pur dovuto coinvolgere migliaia di
autorità militari, comprimari ed esecutori, ma anche consentire di operare ad
architetti, ingegneri e tecnici, fornitori, addetti alla manutenzione,
riparazione e controllo, delle camere a gas e dei forni crematori, ecc.
Tutti costoro non possono poi aver agito, in uno stato come quello tedesco
generalmente burocraticizzato e gerarchizzato, per un così vasto impiego di
carattere criminale, tramite semplici ordini verbali o mascherati; né la
storiografia può concepire o credere ad una eventuale e totale distruzione di
tutte le possibili attestazioni scritte.
Per terza cosa, conseguenza della precedente, non potrà neppure esser presa in
considerazione la ridicola giustificazione che le autorità mandatarie di questo
gigantesco crimine avrebbero agito attraverso cenni d'intesa, ordini verbali o
un linguaggio mascherato con il quale poter interpretare i documenti
apparentemente privi di ordini omicidi.
In questo caso, infatti, emergerebbe una demenzialità manifesta del modo di
agire delle massime autorità tedesche le quali, si afferma, avrebbero
infantilmente concepito, pianificano ed attuano un piano di sterminio di queste
proporzioni, i cui obiettivi ultimi erano l'uccisione totale di tutti gli ebrei
nelle loro mani, pensando che potesse rimanere segreto solo perchè hanno dato
direttive verbali o mascherate e comunque faranno sparire ogni documento ed ogni
traccia al momento opportuno.
Anche se questo fosse stato possibile, e non lo è, a guerra finita poi, sia che
si fosse vinta o si fosse persa o meglio ancora, come speravano i tedeschi
stessi, si fosse raggiunta una pace di compromesso, come avrebbero potuto far
riapparire le vittime?
A cosa sarebbe servito l'uso di un linguaggio dissimulato?
Come poteva la sparizione di milioni di ebrei rimanere nascosta e non venire
immediatamente alla luce con tutte le sue terribili conseguenze per la Germania?
Quella stessa Germania che nel 1943 aveva indetto e convocato una Commissione
d'inchiesta internazionale per attestare il massacro degli ufficiali polacchi
compiuto dai Sovietici a Katyn!
Quale livello di ingenuità potevano aver raggiunto un Himmler, massimo
responsabile delle deportazioni e altri gerarchi o generali che cercarono un
contatto con gli Alleati per mediare una resa, ben sapendo di essere sicuramente
scoperti come effettivi (e non solo propagandisticamente) criminali di guerra?
E come si può credere, infine, che migliaia e migliaia di persone, preposte alle
varie fasi dello sterminio, avrebbero dovuto essere comunque in grado di
comprendere e decifrare questi ordini mascherati ed al contempo la qual cosa
rimanere segreta?
Per quarta cosa gli storici, considerando il fatto, non indifferente, che
milioni di persone, sia civili che militari, ma sopratutto gli stessi deportati,
che hanno transitato o soggiornato, in particolare «nel» e «attorno» al centro
industriale di Auschwitz ed altri campi simili, non avrebbero potuto essere
all'oscuro di queste, innumerevoli uccisioni.
Come afferma A. R. Butz, stiamo parlando di una estensione territoriale quasi
quanto un continente, di un coinvolgimento di militari, civili, nonchè gli
stessi deportati, ammontanti ad alcuni milioni di individui e di una durata
temporale ininterrotta di circa tre anni!
Quindi, gli stessi storici, dedurranno che non è assolutamente possibile che
milioni di ebrei, siano stati condotti tranquillamente a farsi gassare,
portandoci figli e genitori, perchè ingannati in qualche modo dai loro
assassini!
Si consideri che, nella vita quotidiana dei campi di concentramento e nei loro
dintorni, oltre ad esservi detenute intere e numerose famiglie, tra l'altro in
contatto in qualche modo con i centri di assistenza ebraici di tutto il mondo,
vi era un immenso via vai di vita civile e militare sia stazionaria che
pendolare (per esempio ad Auschwitz, provenienti da fuori, arrivavano
giornalmente circa 1.000 lavoratori, dipendenti di circa 100 aziende preposte
alla manutenzione del campo, che ogni sera tornavano a casa loro).
Di conseguenza si sarebbe sicuramente dedotto e comunque sarebbe stato confidato
da qualcuno dei tanti addetti al crimine o a conoscenza di queste uccisioni, che
era in atto uno sterminio totale e quindi, i prigionieri lo avrebbero
immediatamente messo in relazione alla sparizione di tanti di loro.
Non scherziamo! la percezione di questo genocidio avrebbe sicuramente scatenato
il panico e quindi vaste ed incontrollate ribellioni. Visto che tutto questo non
è accaduto, gli storici non potranno che prenderne atto e trarne le dovute
conseguenze.
Come quinto ed importante elemento, gli storici non potranno sottovalutare il
fatto che, escluse le solite voci (tra l'altro riferenti eterogenei e fantasiosi
metodi di uccisioni) che vennero da tutti (quartieri generali Alleati compresi)
considerate propaganda di guerra:
nè le potenti e vaste organizzazioni ed agenzie ebraiche, in e fuori
dall'Europa, impegnate anche nell'assistenza ai deportati;
nè i governi Alleati con i loro servizi segreti (che tra l'altro erano in grado
di decifrare i codici di comunicazione dei tedeschi);
nè i paesi neutrali presenti con agenzie di stampa, delegazioni e informatori;
nè il Vaticano con tutta la sua imponente rete di organizzazioni ed entità
religiose sparse in tutta Europa;
nè le Istituzioni ed i Comitati internazionali, quali la Croce Rossa, che in
tutto quel periodo hanno operato in quelle realtà.
Insomma tutti questi organismi, servizi e personalità che non potevano non
sapere, non potevano non essere in qualche modo a conoscenza di un piano di
sterminio in atto, non risulta che vi si siano opposti con ogni mezzo o abbiano
invitato gli stessi deportati a fare resistenza o abbiano reagito in qualche
modo, ma anzi, per tutto lo svolgimento della guerra, si sono comportati ed
hanno operato come se questo sterminio non ci fosse affatto!
Ma ancor più le organizzazioni clandestine della Resistenza tedesca, tra le
quali si possono annoverare i servizi segreti facenti capo a Canaris e quelli
operanti nella Wehrmacht, che erano immersi e vivevano quotidianamente tra gli
ufficiali e i soldati, nonché tra tutta la popolazione tedesca e quindi a
contatto con amici, conoscenti e familiari, non potevano non aver sentito
qualcosa circa l'attuazione dello sterminio ebraico.
E questo "qualcosa" sarebbe immediatamente filtrato fuori dalla Germania e
sarebbe ancora oggi attestato visto che, oltretutto, le organizzazioni della
resistenza ad Hitler erano alla continua ricerca di un riconoscimento tangibile,
di un appoggio concreto al loro operato da parte degli Alleati.
Ma niente di tutto ciò è avvenuto e per gli storici questo è un altro dato di
fatto determinante per l'esatta interpretazione degli eventi considerati.
Sesta cosa: nessun storico serio potrà poi prendere in grande considerazione i
racconti, in merito alle gassazioni ed alle cremazioni, resi dai cosiddetti
testimoni oculari. E questo non perché risultano fantasiosi o incongruenti e
spesso si sono smontati da soli, così come le strampalate e contraddittorie
confessioni dei tedeschi catturati e sottoposti a non nascoste torture, ma per
il motivo che la storiografia segue un metodo che non contempla l'attestazione
storica fatta principalmente in questo modo.
La storiografia, infatti, non si è mai fatta attraverso questo genere di
processi o attraverso queste pseudo testimonianze di sedicenti testimoni
oculari: eventi come Waterloo, Hiroshima, Dresda, le fosse Ardeatine, ecc., sono
storicamente accertati, indipendentemente e senza alcun ausilio di questo genere
di supporti.
La versione sterminazionista invece tende ad essere accertata (si fa per dire)
essenzialmente attraverso i racconti, le confessioni e le testimonianze oculari
che per la storiografia però non costituiscono un elemento determinante!
Del resto evidentemente false, ma necessarie a mitigare le loro condizioni,
appariranno quelle "indirette" confessioni di tedeschi tradotti in giudizio
tramite processi preconfezionati, tenuti in un clima ostile di caccia alle
streghe e per giunta, limitati nel diritto dalle imposizioni processuali dei
vincitori.
In questi processi, tra l'altro, spesso non veniva neppure messa giuridicamente
in questione l'esistenza o meno dello sterminio e delle camere a gas (dati per
comunemente ritenuti acquisiti), ma unicamente le eventuali responsabilità degli
accusati e quindi l'unica possibilità di salvezza per costoro era, non il negare
lo sterminio, ma scaricare le proprie responsabilità.
Ben nota era la ricorrente domanda della pubblica accusa che chiedeva agli
imputati se avessero ordinato o partecipato alle famose selezioni (presupponendo
l'equivalenza che selezioni = gassazioni);
ovviamente la risposta degli imputati, che nulla sapevano di camere a gas, era
"Si", aggiungendo ambiguamente che loro non sapevano cosa potesse eventualmente
essere poi accaduto. Era questa la sola ed unica linea di difesa praticabile per
gli imputati e la sola che permise di mitigare le pene e, nel contempo, consentì
all'accusa di avallare in qualche modo e tacitamente il mito dell'olocausto.
Nel caso invece di tante testimonianze spontanee di ex nazisti non è
indifferente che siano state, anni dopo, smentite da altre evidenze successive o
dalle stesse autorità sterminazioniste come, per esempio, tutte le confessioni
sull'uso di camere a gas nei territori occidentali del Reich, quando poi la
stessa storiografia sterminazionista dovette ammettere ed ufficializzare che in
quei campi di concentramento non ci furono gassazioni!
Settima ed ultima cosa, si dovrà prendere atto della mancanza oggettiva
dell'arma del delitto (le camere a gas ed i forni crematori atti ad incenerire
milioni di cadaveri) e della stessa vittima (i sei milioni di ebrei).
Il professore americano A. R. Butz, liquida tutta questa faccenda proprio
partendo da questo aspetto prioritario e generale del problema:
<< La più semplice delle buone ragioni di essere scettici riguardo all'accusa di
uno sterminio è anche la ragione più semplice da concepire: alla fine della
guerra erano sempre là>> (ovviamente qui Butz si riferisce ai presunti milioni
di ebrei sterminati, perché è noto che, a guerra finita, molti deportati non
fecero più ritorno essendo deceduti a causa di malattie, stenti, maltrattamenti
e così via. Ma è anche vero che molti dei non ritornati erano semplicemente
emigrati da altre parti).
In ogni caso gli storici non potranno non tener conto delle risultanze di quelle
puntigliose inchieste che spiegano e attestano l'impossibilità del funzionamento
delle camere a gas e dei forni crematori indicati o descritti per l'uccisione e
la successiva cremazione di milioni di ebrei.
Ai cosiddetti revisionisti, autori di queste inchieste, non è servita neppure
una qualificata perizia per arrivare facilmente alla deduzione che quelle poche
e sgangherate realtà che sono state indicate o descritte quali camere a gas, non
avrebbero mai potuto funzionare;
che il famigerato Zyklon B non poteva essere trattato nei vari e cervellotici
modi descritti da testimonianze e letteratura.
Insomma gli stessi edifici o strutture definiti camere a gas, privi com'erano di
ogni congegno funzionalmente adeguato, sarebbero stati tecnicamente
impossibilitati ad eseguire l'uccisione di così tante persone.
Ma anche ammesso, per assurdo che, con tali mezzi rudimentali, mancanti di ogni
sistema di sicurezza, i tedeschi (che erano ingegnosi, scrupolosi e meticolosi
fino all'eccesso) ci si fossero provati, avrebbero determinato un disastro
inaudito con conseguenze letali per il circondario e per loro stessi.
Analogamente per i forni crematori, che avrebbero dovuto magicamente funzionare,
quasi 24 ore su 24, con una potenza di cremazione impensabile per l'epoca, con
una disponibilità di combustibile, di pezzi di ricambio e di manutenzione
infinita (di cui ovviamente non si ha alcuna documentazione), un loro utilizzo
in questo modo sarebbe stato tecnicamente impossibile!
Non parliamo poi dei fantomatici pozzi o fosse atti a bruciare ed incenerire
centinaia di migliaia di cadaveri che sono tecnicamente e fisicamente assurdi.
In pratica, anche qui, i revisionisti non vanno a negare l'olocausto, ma
semplicemente, affermano e cercano di dimostrare che da quanto è, fino a
tutt'oggi, attestato dalla letteratura olocaustica, ciò non è sufficiente per
dimostrare l'avvenuto sterminio degli ebrei così come è stato descritto. La
metodologia storiografica del futuro, in questo senso, non potrà che arrivare
alle stesse conclusioni.
Insomma manca letteralmente la prova dell'uso e dell'esistenza dell'arma del
delitto (camere a gas e forni crematori), ma manca altresì il reperimento della
vittima, anzi di sei milioni di resti sia pure inceneriti!
Enorme cifra questa che, non solo non si riesce a contabilizzare, tenendo conto
degli ebrei attestati al 1939 - '40 e quelli risultanti al 1945, dei
sopravvissuti, delle proiezioni demografiche e soprattutto degli spostamenti e
migrazioni di costoro (Russia, America, Israele, ecc.), ma di cui addirittura
non ci sono neppure i resti, in particolare le ossa carbonizzate.
Per concludere, la concomitanza e contemporaneità di tutti i sette
elementi sopra esposti -e non di uno solo di essi, nel qual caso si potrebbe
parlare di un arbitrario sillogismo- crediamo sia sufficiente agli storici del
domani per non poter avallare l'enorme mole della letteratura olocaustica.
Marzio di Belmonte
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