Italia - Repubblica - Socializzazione

 

Il paradiso degli spioni

 

Giorgio Vitali   

       

«Nella vita ci sono rischi che non possiamo permetterci di correre e ci sono rischi che non possiamo permetterci di non correre».
Peter F. Drucker

«Einstein osservò più di una volta come sia strano che la realtà che conosciamo continui a mostrarsi riconducibile alle regole della scienza creta dagli uomini. Ma il nostro pensiero non si estende al di là della nostra capacità di esprimerlo. E così è possibile che ciò che consideriamo realtà sia solo lo strato del mondo che le nostre facoltà ci permettono di comprendere. Per esempio, sono convinto che la meccanica quantistica va contro il buon senso solo perché il buon senso non si è ancora espanso a sufficienza»
John Bainville.


L'importante intervento ["Rinascita", 10 febbraio 2009], di Franco Morini, "Nome Gladio, paternità Nemo" che fa eco ad un noto articolo pubblicato a cura della FNCRSI: "Nome MSI, paternità SIM" sul periodico "Aurora", [ http://aurora.altervista.org  n° 44, Novembre - Dicembre 1997 ] mi stimola ad intervenire, come ho fatto altre volte, in occasione di altri interventi sullo stesso argomento, per precisare ulteriormente un punto di vista che dovrebbe essere considerato il punto di partenza per qualsiasi ragionamento che voglia costituire la base di una concreta azione politica.
Si tratta del superamento di qualsiasi posizione "narrativa" su questo o altri periodi della Storia, dalla preistoria ad oggi, che anche per ragioni che potremmo definire "dialettiche" pongono lo "scontro" alla base di ogni evento storico rilevante, sulla falsariga della narrazione omerica, che è all'origine dell'"epica" europea.
Nella realtà dei fatti la storia non è costituita da scontri "frontali" che avvengono solamente nelle battaglie, ma da un complesso di avvenimenti, di cui la "battaglia" di frontiera è una minima componente. Per di più nei tempi moderni, costituiti da guerre indirette, guerre di movimento, guerre di retrovia, guerre psicologiche, guerre aeree, guerre economiche, guerre per la conquista ed il controllo di fonti energetiche e/o idriche, di controllo di territori utili per l'attraversamento di queste, guerre di brevetti e di ricerca.
Per quanto riguarda il periodo della RSI stiamo assistendo ad un fiorire della pubblicistica autobiografica. Tanti ex-combattenti, giunti in prossimità del trapasso e spesso stimolati da amici e famigliari, sentono il bisogno di far condividere i loro ricordi. Si tratta di un fatto molto importante, anche perché dovrebbe servire per sbugiardare definitivamente, prove alla mano, le menzogne propalate in questi ultimi sessant'anni. Da questo punto di vista i non pochi venditori di fumo di questo dopoguerra si sono trovati spiazzati anche sulle previsioni di poter continuare nella loro vendita di menzogne, perché, morti ammazzati a parte, a sopperire alle evidenti lacune di informazione è subentrato l'inaspettato aumento della vita media, che ha permesso a scrittori seri come Pansa, di intervistare parenti e conoscenti di trucidati, ma anche sopravvissuti. Ne sta uscendo un quadro che ormai è difficile eliminare dalla scena culturale italiana, che si viene a saldare dalle informazioni provenienti da tutti i paesi d'Europa sottoposti a gioghi più o meno stretti da parte dei vincitori "massacratori". E tuttavia, la massa di informazioni individuali, per lo più di militi delle varie formazioni, utili per dare un'idea della vita vissuta "in divisa", rischiano di soverchiare altre informazioni, probabilmente più utili per avere un'idea delle reali forze in gioco.
Per la verità, pochi sono i libri che, anche in forma romanzata, narrano dei retroscena della guerra che si svolgeva dietro le quinte, con ampio spiegamento di servizi segreti (di tutte le provenienze e di tutti i paesi, perché da quanto avveniva nel territorio della RSI ne andava di mezzo il futuro di tutta l'Europa), mentre poche sono le notizie finora trapelate dalla pubblicazione nei vari paesi interessati, in primis USA, Russia e Vaticano) di documenti finora secretati. [Tra parentesi, l'Italia è il paese che dimostra la maggior reticenza in merito, non avendo ancor pubblicato i documenti relativi alle guerre d'Indipendenza]. Non a caso, di recente, un noto storico ha scritto che il territorio controllato dalla RSI è stato quello con la maggior densità di agenti segreti.
Tutto ciò sta a dimostrare, tra l'altro, l'importanza della figura e del ruolo di Mussolini anche nel contesto fin del conflitto, e le vere ragioni del suo assassinio, nonché l'esposizione pubblica del corpo, affinché tutti potessero constatare de visu, che era realmente deceduto. (Non diversamente dall'esposizione ai rostri delle teste dei nemici uccisi che allietava le piazze della Roma antica).
Pochi sono anche i resoconti dell'azione delle forze della Polizia Repubblicana, che invece fu molto attiva, ma anche molto colpita. Pochi ad esempio hanno finora notato che buona parte dei condannati a morte dai tribunali speciali nel dopoguerra è costituita da appartenenti alle forze di polizia. Prefetti, questori, semplici poliziotti. Per avere un'idea dell'azione svolta da queste forze, molte delle quali poi reclutate nella polizia scelbiana, mi limito a citare due romanzi molto interessanti: "Notti e nebbie", di Carlo Castellaneta, Mondatori, 1998, e "Con queste mani" del Capitano S. A., Sugar, 1973.

Visione convenzionale della spia
La visione convenzionale della spia non ci aiuta a capire cosa accade realmente nei servizi d'informazione. Oggi, in particolare, la fusione di informazione ed intrattenimento, attuata dalle grandi società medianiche, e la sua influenza sul nostro modo di vedere il mondo, contribuisce a falsare ulteriormente il quadro, facendoci "vedere" la spia su tante versioni ma mai su quella reale.
Non a caso il grande regista Clouzot sentì il bisogno, nel 1957, di realizzare un film satirico-surrealista per sottolineare la pervadenza dello spionaggio nella società contemporanea. Il film si chiamava, opportunamente, "Le Spie". La figura convenzionale dello spione tutt'orecchi e del delatore intrigante, ancorché presenti in larga misura nella società italiana, fanno parte di un costume, molto diffuso, e non della prassi bellica. Molte memorie dell'epoca riferiscono della massa di lettere anonime che arrivava come pioggia, ai comandi delle Brigate Nere o alle Questure della Polizia repubblicana. La stessa cosa può dirsi delle lettere pervenute ai distretti di polizia o alle sedi del CLN a conquista avvenuta da parte degli Alleati. Diverso ancora il caso del classico informatore militare che, dietro le linee nemiche, comunica ai suoi, con appositi strumenti e, possibilmente in codice, i movimenti delle truppe. Questo agente è anche un autentico "eroe" perché la sua vita è sempre appesa ad un filo.
Scriviamo queste cose non per destare i pruriti dei lettori, ma per stimolare l'attenzione verso i fatti reali della politica.
Pertanto, voler attribuire a questo o quello, soprattutto se in posizioni di autorità, una qualche intenzione malevola o personalistica, sarebbe un grossolano errore. Nel caso di Pino Romualdi, figlio di un amico di Mussolini, l'attribuzione di intenzioni disdicevoli, sarebbe un errore. Vero è che spesso la delega per trattative "coperte" viene affidata ad un "vice", in questo caso vice segretario del partito, per ovvie ragioni. Pensare che il sistema informativo mussoliniano fosse stato spiazzato da quelli messi in atto dai tedeschi, o dagli emissari del governo Badoglio, è pura illusione. È chiaro che si sapeva di tutto e di più, e quando Mussolini, dopo l'incontro all'Arcivescovado, dichiara di essere stato tradito dai tedeschi dice una verità sostanziale, ma non la dice tutta, perché i traffici di Wolff, Dollmann ed altri erano ben conosciuti fin dai tempi degli accordi, presi da costoro in Vaticano con gli inglesi, costanti fiancheggiatori ed ispiratori delle direttive di Himmler, [vedi: Leibovitz-Finkel: "Il nemico comune: la collusione antisovietica fra Gran Bretagna e Germania nazista", Fazi ed.] culminati con la vendita dell'ambasciata tedesca di Roma. (Villa Wolkonsky). E su questi fatti incombe anche la causa reale della morte di Galeazzo Ciano (all'epoca di questi fatti attore in Vaticano per conto del Duce) e, se vogliamo allargare lo sguardo, anche di quella di Buozzi, Bombacci, non escludendo Arpinati. [Vedi anche: Owen Chadwick: "Gran Bretagna e Vaticano durante la seconda guerra mondiale", Ed. San Paolo e D. Alvarez, R. A. Graham, "Spie naziste contro il Vaticano", Ed. San Paolo].
La complessità della società moderna, i suoi tentacoli globalizzati, la necessità di tutelare, assieme agli interessi nazionali, anche interessi egemonici di ogni singola nazione, spesso a scapito dei popoli apparentemente difesi, ha determinato comportamenti spesso incomprensibili ad un analista superficiale, tenendo presente anche che l'ultra specializzazione imposta dalle guerre tecnologiche costringe tanti attori di primo piano a concentrarsi sul proprio settore perdendo di vista il quadro generale.

Il convitato di pietra: l'OVRA.
C'è da chiedersi per quale ragione, trattandosi di quel periodo della vita nazionale, una componente essenziale della vita civile italiana come l'OVRA, che a noi risulta trovarsi anche oggi all'interno delle Istituzioni, non sia citata, almeno per i fatti essenziali. Noi sappiamo che questa organizzazione, durante e dopo i seicento giorni di Mussolini, ha gestito un doppio, triplo, quadruplo gioco, con effetti sorprendenti. Per averne un'idea è sufficiente la lettura della biografia di un personaggio a dir poco emblematico: Giorgio Conforto, massone e presidente della "Giordano Bruno", deceduto di recente, e per lungo tempo agente quadruplo. [Vedi l'interessante libro di Francesco Grignetti, "Professione spia", Marsilio].
Sulla continuità della strategia della tensione in Italia, come corollario alla guerra 1940-1945, la letteratura è abbastanza vasta. Alcuni testi dovrebbero peraltro essere tenuti presenti. Fra questi, Daniele Lembo, "La guerra nel dopoguerra in Italia", Ma.ro; Camillo Arcuri, "Sragione di Stato", BUR; Mario Almerighi, "Tre suicidi eccellenti, Castellari, Cagliari, Gardini", l'Unità.
A corollario, vale la pena di citare un articolo dello storico Roberto Gremmo, su "Storia Ribelle" n. 23 dal titolo significativo: "Un ignoto informatore fascista ai vertici del Partito Comunista biellese durante la lotta di liberazione". La conclusione dell'articolo è ancor più importante, perché l'informatore risulta essere poi diventato un dirigente del PCI nazionale.

I retroscena dell'unità nazionale
Il processo unitario nazionale sarebbe rimasto un banale elenco di intrighi e malaffare di classi dirigenti e di notabili locali se non fosse stato nobilitato da quel pizzico di follia nazional-popolare costituito da Garibaldi e dal garibaldinismo. Per il resto, possiamo citare un articolo di Pasquale Villari, pubblicato su "il Politecnico" nel settembre 1866 ("Terza guerra d'indipendenza"): «V'è nel seno della Nazione un nemico più potente dell'Austria ed è la nostra colossale ignoranza, sono le moltitudini analfabete, i burocrati macchina, i professori ignoranti, i politici bambini, i diplomatici impossibili, i generali incapaci, l'operaio inesperto, l'agricoltore patriarcale e la retorica che ci morde le ossa. Non è il Quadrilatero di Mantova e Verona che ha potuto arrestare il nostro cammino, ma è il quadrilatero di 17 milioni di analfabeti e 5 milioni di arcadi». [Tratto da: Marco Nozza, "Mazzini Giuseppe contumace", Sugarco].
Da notare che il quadro descritto dal noto storico italiano a metà ottocento trova un facile riscontro nella società italiana attuale, mentre esiste anche una presenza di gente onesta, seria e preparata, che si batte fra mille difficoltà e rischi per l'indipendenza nazionale, come si può facilmente comprendere leggendo il libro di Paolo Fornaciari, "Il petrolio, l'atomo ed il metano. Italia nucleare, 1946-1997", Edizioni 21° secolo.
Ritornando all'argomento principale, occorre ricordare di nuovo che il mito resistenziale è stato costruito molto a posteriori, negli anni settanta, utilizzando materiale per lo più posticcio messo assieme dai governi italiani per poter ottenere, durante le trattative di pace con gli Alleati, condizioni migliori e meno vessatorie.
Possiamo sicuramente affermare che la RSI era uno Stato nel pieno possesso delle sue potenzialità istituzionali, che sono state utilizzate nella difesa dell'integrità strutturale statale anche in momenti di grane difficoltà. Il cosiddetto "movimento partigiano" come forze organizzate militarmente era pressoché inesistente, ed i CLN erano reti borghesi costituite da notabili di provincia, ciascuno dei quali rappresentava in modo del tutto formale e spesso senza aderenza ideologica i vecchi partiti ricostituiti nel mese e mezzo di governo nazionale badogliano, che si apprestavano a riprendere in mano la gestione della cosa pubblica a guerra finita, ma privi di reale autorità come ampiamente documentato, tanto che lo stesso CLNAI fu scavalcato anche nell'episodio dell'assassinio di Mussolini. Per quanto riguarda il ruolo del PCI di Togliatti, occorre ricordare che la sua funzione "fiancheggiatrice" degli "Alleati" è consistita soprattutto nell'eliminazione, diretta ed indiretta, degli elementi del Partito Comunista Internazionalista, del movimento bordighista, e di chiunque sospettato di appartenere alla "sinistra comunista".
Altri libri da prendere in considerazione per una corretta valutazione degli eventi: Antonio Gibelli, "L'officina della guerra. La Grande Guerra e le trasformazioni del mondo mentale", Bollati Boringhieri; Daniele Lembo, "La guerra nel dopoguerra in Italia", Ma.ro; Alessandro Giuli, "Il passo delle oche. L'identità irrisolta dei postfascisti"; Sara Lorenzini, "L'Italia ed il trattato di pace del 1947", Il Mulino; Luca La Rovere, "L'eredità del Fascismo", Bollati Boringhieri; Lodovico Ellena, "Le pagine ritrovate della resistenza", Ed. Tabula Fati; Luca Tavolini, " La repubblica Sociale Italiana a Reggio Emilia", Ed All'insegna del Veltro; R. Graziadei e P. De Rosa, "Ultimo giorno, ultima ora, ultimo minuto", Ed. Settimo Sigillo; AA.VV. a cura di Sergio Bugiardini, "Violenza, tragedia e memoria della Repubblica Sociale Italiana", Carocci.

Chiarimenti sul concetto di complottismo
L'organizzazione della dialettica politica e storica, elabora parole e concetti che vengono automaticamente messi in circolazione per annullare l'effetto sociale e politico della diffusione di informazioni contrarie ai dati manipolati e falsi messi in circolazione in precedenza.
Tre parole in particolare hanno avuto successo: revisionismo, negazionismo e complottismo. Conosciamo molti aspetti inerenti le prime due parole. La terza è, a nostro avviso, la più interessante, perché dovrebbe tacitare chiunque riferisca o divulghi i retroscena di un qualsiasi avvenimento. Ora, è evidente che se sono messe in pratica a livello nazionale o internazionale alcune iniziative politiche, queste sono sempre frutto di discussioni, dibattiti, scontri più o meno furenti, che precedono un accordo. Rivelare l'origine di questo accordo, secondo alcuni, è fare del complottiamo. Cioè cercare in qualsiasi avvenimento la "manina nascosta" di forze più o meno occulte. Stante l'ignoranza di gran parte degli individui, costretti comunque ad accettare decisioni prese da esigue minoranze in nome di tutti, sotto la parvenza di scelte condizionate dalle decisioni "popolari", la bassa circolazione di informazioni non giustifica di per sé giudizi negativi di segretezza o quant'altro. Perché questa è la prassi. E tuttavia, per comprendere gli avvenimenti, è d'uopo cercare di conoscerne i precedenti. Pertanto, se dichiariamo che il Trattato di Losanna, siglato il 24 luglio 1923, segnò il tradimento degli impegni assunti precedentemente dalle potenze europee nei confronti dei popoli assiri e curdi, non facciamo altro che sottolineare un avvenimento che costituisce un precedente non insignificante della storia dell'intera umanità da allora fino ai nostri giorni. Come è facilmente comprensibile. Pertanto, se andiamo a cercare le ragioni di un particolare comportamento, poniamo, degli esponenti della destra italiana di oggi negli anfratti dei rapporti reali venutisi a creare sotto la sferza degli avvenimenti, fra gruppi e persone apparentemente contrapposti (ma evidentemente non del tutto!) non facciamo dietrologia ma vera e propria ricerca. Infatti, è l'evidenza dei fatti che ci induce ad agire. Come ciascun medico che, volendo risalire alle ragioni di una certa malattia, vada frugando nella vita più nascosta del suo paziente. È quello che ci insegnano i tanti sceneggiati televisivi. Dottor House in testa.
Da questa ricerca è possibile scoprire tante tare nascoste. Comprendere le ragioni, (intenzionali!!) di tante informazioni, apparentemente impercettibili, che circolano sui Media ufficiali. Due esempi chiarissimi nella loro banalità: la scoperta che le navi trasporto italiane non erano sistematicamente affondate a causa del tradimento delle altre sfere della Marina, ma dal possesso, di parte inglese di un potentissimo decriptatore, oppure che gli italiani che si fecero internare in Germania dopo l'otto settembre avevano compiuto questo gesto non per ignavia, stanchezza, vigliaccheria, delusione, sfiducia nel futuro, fedeltà al "giuramento al re" (che caratterizzò la nota decisione di Guareschi) ma per rifiuto della RSI che all'epoca non era stata ancora istituita come Stato organizzato.
Sono tutti questi piccoli dettagli, il riuscire a decifrare la realtà degli avvenimenti uscendo dagli schemi rigidi della contrapposizione diretta (mai esistita nei fatti), che può permettere la comprensione degli avvenimenti e costituire la guida per un'azione politica con possibilità di risultati concreti. Ulteriore esempio: la spasmodica attenzione rivolta dai Media, anche sotto forma di una «falsa critica di stampo satirico» (vedi recita di Benigni durante il "rito" di Sanremo), nei confronti di Berlusconi, serve evidentemente per mascherare quanto sta avvenendo in Italia, in UE e nel mondo. In conclusione, non è vero che si vada «a menare il can per l'aia» nella vana ricerca di fatti mai accaduti. Al contrario, la ricerca è motivata proprio dal fatto che moltissimi fatti realmente accaduti NON sono stati messi a disposizione dei ricercatori.

Ruolo essenziale svolto dall'analisi geopolitica per la comprensione del passato e la previsione del futuro
È fuori discussione che il disorientamento ha dominato l'Italia del dopoguerra. Le cause sono molteplici e fra queste vanno annoverato anche gli equivoci generati da alcuni fattori che è giusto ricordare: la sciagurata condotta della guerra, caratterizzata da una sequenza ininterrotta di notizie luttuose, il tradimento latente e concreto messo in atto dalle alte gerarchie militari, quelle stesse che il fascismo aveva confermato ed anzi, immeritatamente esaltato, a cominciare da Badoglio, le responsabilità del quale nella rotta di Caporetto erano ben note a chiunque s'interessasse di questioni politiche, recuperato per ragioni massoniche; la dimostrazione eloquente dell'impotenza del Partito Fascista di fronte al 25 luglio ed ancor peggio all'arresto di Mussolini. E, su tutto questo, il terrore per un possibile avvento del comunismo, che attanagliava la maggioranza degli italiani. Non a caso, e non scrivo per ipotesi personali, gli angloamericani hanno lasciato che i comunisti si scatenassero sui combattenti socialrepubblicani dopo il 25 aprile. I risultati si son visti il 18 aprile. Possiamo anche aggiungere senza tema di smentita, che un certo apparente entusiasmo all'arrivo delle truppe alleate nella Padania era motivato più dalla certezza che queste potessero proteggere del comunismo che non dalla sicurezza di poter raccattare qualche cicca.
A proposito del comunismo, c'è una frase di Kerensky che vale la pena di citare. Scriveva il noto "perdente" della crisi postbellica russa, se per ipotesi si sottraesse dalla storia tutto quanto hanno fatto i comunisti, si troverebbe il mondo più avanti e non più indietro nel cammino della civiltà.
Il disorientamento non riguardò soltanto i socialrepubblicani, anche se questi ultimi peccarono troppe volte di eccessiva ingenuità. Utile in tal senso il noto libro di De Boccard, "Il passo dei repubblichini", ripubblicato di recente dall'editore Le Lettere.
Fu anche il prodotto del "rientro" nella vita politica giornaliera, di vecchie mummie della politica prefascista, fatte passare per antifascisti tanto per dare loro una qualifica. Con questi decrepiti personaggi, che avevano dimostrato già negli anni venti la loro sostanziale impotenza, il gioco delle potenze atlantiche si faceva molto più facile. Non dimentichiamo che l'Italia è importante per la sua posizione geografica al centro del Mediterraneo. E qui ritorniamo alla questione di fondo. Dimostratasi fallimentare l'esperienza ideologica nella gestione delle forze in campo, accentuandosi il disorientamento di coloro che, avendo aderito al partito che si dichiarava postfascista, si sono trovati di fronte alle dichiarazioni, discutibili in termini politici ma anche secondo una logica intrinseca, degli esponenti di vertice di tale partito, resasi evidente l'inconsistenza dei gruppuscoli neofascisti, l'unica base di concreta azione politica non può che essere una scelta basata sull'analisi geopolitica.
Sappiamo bene che l'antitesi amico-nemico che propone la geopolitica è comprovata dalla storia. Sempre si sono scontrati la Terra ed il Mare. Il Continente e l'Oceano. E più il Continente (in questo caso l'Europa) ha dimostrato una capacità di allargamento e di consolidamento, più l'Oceano (GB ed USA) si sono allarmati. [Vedi: Walter Lippman, "Gli scopi di guerra degli Stati Uniti", Einaudi, 1946]. Basterebbe la storia delle guerre che Napoleone fu costretto a sostenere. Noi sappiamo inoltre che la geopolitica d'Italia la pone in costante oscillazione, se non fibrillazione, fra il Continente ed il Mare. Sappiamo anche che, fintanto che siamo riusciti a controllare il mare (Impero Romano, Repubbliche Marinare) abbiamo vinto. Me nell'epoca contemporanea qualcosa è andata storta. La nostra alleanza col Mare, se pure ha portato ad una vittoria formale (1918) questa vittoria si è dimostrata un buco nell'acqua. Una sconfitta in tutte le aspirazioni italiane ed un indebitamento nei confronti di Gran Bretagna ed USA. Di qui la scelta continentale operata da Mussolini. Di qui anche lo scontro interno al fascismo ed alle gerarchie massonico-militari, Marina in testa. L'accentuazione delle opzioni continentali di Mussolini ha portato a: bombardamento di Roma, scesa in campo di Papa Pacelli, 25 luglio, attentato ad Hitler del 20 luglio 1944. [vedi: Bellini, "Storia segreta del 25 luglio 1943", Mursia].
Il bello dell'analisi geopolitica consiste nel fatto che permette di valutare gli avvenimenti nel dipanarsi di un continuum che non ha mai fine. L'analisi geopolitica non conosce conclusioni, e spiega anche perché la storia più banale non ha conclusioni. Infatti, alla fine apparente dell'ultimo conflitto è seguita l'apertura di un nuovo e più complesso fronte, che ha visto contrapposti due blocchi apparentemente ideologici, quello "liberale" e quello "bolscevico", ma che erano due differenti formulazioni, dietro alla falsità ideologica, della contrapposizione fra mare e terra.
Noi, che siamo stati per la scelta continentale, oggi continuiamo a sostenerla, forti del fatto che la Russia si è liberata del morso bolscevico, le Nazioni dell'Europa continentale hanno riconquistato l'indipendenza (la libertà di scegliere una politica che ha per riferimento gli interessi nazionali se non nazionalistici), un avvicinamento sostanziale, nel nome dell'Impero di Bisanzio (la seconda Roma) dell'area continentale del Vicino Oriente per rafforzare un'Eurasia sempre più compatta che si sta a sua volta saldando con Cina ed India. Ecco perché siamo favorevoli all'ingresso della Turchia nell'UE, mentre siamo contrari a qualsiasi avvicinamento ad Israele, punta di cuneo dell'Oceano. Non a caso il nome: Alleanza Atlantica.

Conclusione: la guerra rivoluzionaria
Scrive Emilio Canevari ("Considerazioni politico militari sopra due anni di guerra" I.N.C.F. Anno XX): «Tutte le grandi guerre sono legate a rivoluzioni interne: ne sono cause od effetti: generalmente si può dire che vi è un vero rapporto di interdipendenza fra guerra e rivoluzione. Alberto Sorel ha dimostrato che la rivoluzione francese non avrebbe assunto il carattere estremo che ebbe senza la gigantesca pressione della guerra esterna e della prima catastrofe del 1792, ma, d'altra parte, Clausewitz ha dimostrato non meno esattamente che la rivoluzione, gettando le immense sue risorse di uomini e di mezzi tratti dall'intera nazione sull'Europa, ancora mezzo feudale, tra il 700 e l'800, trasformò il carattere della guerra: «La guerra, divenendo dapprima per l'una, poi per l'altra delle parti, una causa nazionale, cambiò interamente di natura, o meglio, si avvicinò alla sua essenza primordiale, alla sua forma assoluta. I mezzi impiegati non conobbero più limiti. L'energia nella condotta della guerra venne straordinariamente aumentata, sia per la vastità dei risultati possibili, sia per l'esaltazione veemente dei sentimenti. L'elemento della guerra, sbarazzato dagli intralci convenzionali, irruppe con tutta l'originaria violenza. La causa deve rinvenirsi nella partecipazione dei popoli alla politica».
Cosa ci potrebbe riservare il futuro? La partecipazione delle masse a qualsiasi avvenimento è un dato di fatto. Può trattarsi di un'apparizione papale o di qualche santo, di manifestazioni di piazza per il pane ed il companatico. Tant'è vero che qualsiasi potere cerca di distrarre queste masse con strumenti via via più sofisticati. Le masse sono facilmente fuorviabili ma ci sono. L'unica soluzione politica consiste nel non sbagliare obiettivo. Si potrà perdere nell'intermezzo, ma nel lungo periodo non si può che vincere.
 

Giorgio Vitali