Il paradiso degli spioni
Giorgio Vitali
«Nella vita ci sono rischi che
non possiamo permetterci di correre e ci sono rischi che non
possiamo permetterci di non correre».
Peter F. Drucker
«Einstein osservò più di una volta come sia strano che la realtà che
conosciamo continui a mostrarsi riconducibile alle regole della
scienza creta dagli uomini. Ma il nostro pensiero non si estende al
di là della nostra capacità di esprimerlo. E così è possibile che
ciò che consideriamo realtà sia solo lo strato del mondo che le
nostre facoltà ci permettono di comprendere. Per esempio, sono
convinto che la meccanica quantistica va contro il buon senso solo
perché il buon senso non si è ancora espanso a sufficienza»
John Bainville. |
L'importante intervento ["Rinascita", 10 febbraio 2009], di Franco Morini, "Nome
Gladio, paternità Nemo" che fa eco ad un noto articolo pubblicato a cura della
FNCRSI: "Nome MSI, paternità SIM" sul periodico "Aurora", [
http://aurora.altervista.org n°
44, Novembre - Dicembre 1997 ] mi stimola ad
intervenire, come ho fatto altre volte, in occasione di altri interventi sullo
stesso argomento, per precisare ulteriormente un punto di vista che dovrebbe
essere considerato il punto di partenza per qualsiasi ragionamento che voglia
costituire la base di una concreta azione politica.
Si tratta del superamento di qualsiasi posizione "narrativa" su questo o altri
periodi della Storia, dalla preistoria ad oggi, che anche per ragioni che
potremmo definire "dialettiche" pongono lo "scontro" alla base di ogni evento
storico rilevante, sulla falsariga della narrazione omerica, che è all'origine
dell'"epica" europea.
Nella realtà dei fatti la storia non è costituita da scontri "frontali" che
avvengono solamente nelle battaglie, ma da un complesso di avvenimenti, di cui
la "battaglia" di frontiera è una minima componente. Per di più nei tempi
moderni, costituiti da guerre indirette, guerre di movimento, guerre di
retrovia, guerre psicologiche, guerre aeree, guerre economiche, guerre per la
conquista ed il controllo di fonti energetiche e/o idriche, di controllo di
territori utili per l'attraversamento di queste, guerre di brevetti e di
ricerca.
Per quanto riguarda il periodo della RSI stiamo assistendo ad un fiorire della
pubblicistica autobiografica. Tanti ex-combattenti, giunti in prossimità del
trapasso e spesso stimolati da amici e famigliari, sentono il bisogno di far
condividere i loro ricordi. Si tratta di un fatto molto importante, anche perché
dovrebbe servire per sbugiardare definitivamente, prove alla mano, le menzogne
propalate in questi ultimi sessant'anni. Da questo punto di vista i non pochi
venditori di fumo di questo dopoguerra si sono trovati spiazzati anche sulle
previsioni di poter continuare nella loro vendita di menzogne, perché, morti
ammazzati a parte, a sopperire alle evidenti lacune di informazione è subentrato
l'inaspettato aumento della vita media, che ha permesso a scrittori seri come
Pansa, di intervistare parenti e conoscenti di trucidati, ma anche
sopravvissuti. Ne sta uscendo un quadro che ormai è difficile eliminare dalla
scena culturale italiana, che si viene a saldare dalle informazioni provenienti
da tutti i paesi d'Europa sottoposti a gioghi più o meno stretti da parte dei
vincitori "massacratori". E tuttavia, la massa di informazioni individuali, per
lo più di militi delle varie formazioni, utili per dare un'idea della vita
vissuta "in divisa", rischiano di soverchiare altre informazioni, probabilmente
più utili per avere un'idea delle reali forze in gioco.
Per la verità, pochi sono i libri che, anche in forma romanzata, narrano dei
retroscena della guerra che si svolgeva dietro le quinte, con ampio spiegamento
di servizi segreti (di tutte le provenienze e di tutti i paesi, perché da quanto
avveniva nel territorio della RSI ne andava di mezzo il futuro di tutta
l'Europa), mentre poche sono le notizie finora trapelate dalla pubblicazione nei
vari paesi interessati, in primis USA, Russia e Vaticano) di documenti finora
secretati. [Tra parentesi, l'Italia è il paese che dimostra la maggior reticenza
in merito, non avendo ancor pubblicato i documenti relativi alle guerre
d'Indipendenza]. Non a caso, di recente, un noto storico ha scritto che il
territorio controllato dalla RSI è stato quello con la maggior densità di agenti
segreti.
Tutto ciò sta a dimostrare, tra l'altro, l'importanza della figura e del ruolo
di Mussolini anche nel contesto fin del conflitto, e le vere ragioni del suo
assassinio, nonché l'esposizione pubblica del corpo, affinché tutti potessero
constatare de visu, che era realmente deceduto. (Non diversamente
dall'esposizione ai rostri delle teste dei nemici uccisi che allietava le piazze
della Roma antica).
Pochi sono anche i resoconti dell'azione delle forze della Polizia Repubblicana,
che invece fu molto attiva, ma anche molto colpita. Pochi ad esempio hanno
finora notato che buona parte dei condannati a morte dai tribunali speciali nel
dopoguerra è costituita da appartenenti alle forze di polizia. Prefetti,
questori, semplici poliziotti. Per avere un'idea dell'azione svolta da queste
forze, molte delle quali poi reclutate nella polizia scelbiana, mi limito a
citare due romanzi molto interessanti: "Notti e nebbie", di Carlo Castellaneta,
Mondatori, 1998, e "Con queste mani" del Capitano S. A., Sugar, 1973.
Visione convenzionale della spia
La visione convenzionale della spia non ci aiuta a capire cosa accade realmente
nei servizi d'informazione. Oggi, in particolare, la fusione di informazione ed
intrattenimento, attuata dalle grandi società medianiche, e la sua influenza sul
nostro modo di vedere il mondo, contribuisce a falsare ulteriormente il quadro,
facendoci "vedere" la spia su tante versioni ma mai su quella reale.
Non a caso il grande regista Clouzot sentì il bisogno, nel 1957, di realizzare
un film satirico-surrealista per sottolineare la pervadenza dello spionaggio
nella società contemporanea. Il film si chiamava, opportunamente, "Le Spie". La
figura convenzionale dello spione tutt'orecchi e del delatore intrigante,
ancorché presenti in larga misura nella società italiana, fanno parte di un
costume, molto diffuso, e non della prassi bellica. Molte memorie dell'epoca
riferiscono della massa di lettere anonime che arrivava come pioggia, ai comandi
delle Brigate Nere o alle Questure della Polizia repubblicana. La stessa cosa
può dirsi delle lettere pervenute ai distretti di polizia o alle sedi del CLN a
conquista avvenuta da parte degli Alleati. Diverso ancora il caso del classico
informatore militare che, dietro le linee nemiche, comunica ai suoi, con
appositi strumenti e, possibilmente in codice, i movimenti delle truppe. Questo
agente è anche un autentico "eroe" perché la sua vita è sempre appesa ad un
filo.
Scriviamo queste cose non per destare i pruriti dei lettori, ma per stimolare
l'attenzione verso i fatti reali della politica.
Pertanto, voler attribuire a questo o quello, soprattutto se in posizioni di
autorità, una qualche intenzione malevola o personalistica, sarebbe un
grossolano errore. Nel caso di Pino Romualdi, figlio di un amico di Mussolini,
l'attribuzione di intenzioni disdicevoli, sarebbe un errore. Vero è che spesso
la delega per trattative "coperte" viene affidata ad un "vice", in questo caso
vice segretario del partito, per ovvie ragioni. Pensare che il sistema
informativo mussoliniano fosse stato spiazzato da quelli messi in atto dai
tedeschi, o dagli emissari del governo Badoglio, è pura illusione. È chiaro che
si sapeva di tutto e di più, e quando Mussolini, dopo l'incontro
all'Arcivescovado, dichiara di essere stato tradito dai tedeschi dice una verità
sostanziale, ma non la dice tutta, perché i traffici di Wolff, Dollmann ed altri
erano ben conosciuti fin dai tempi degli accordi, presi da costoro in Vaticano
con gli inglesi, costanti fiancheggiatori ed ispiratori delle direttive di
Himmler, [vedi: Leibovitz-Finkel: "Il nemico comune: la collusione antisovietica
fra Gran Bretagna e Germania nazista", Fazi ed.] culminati con la vendita
dell'ambasciata tedesca di Roma. (Villa Wolkonsky). E su questi fatti incombe
anche la causa reale della morte di Galeazzo Ciano (all'epoca di questi fatti
attore in Vaticano per conto del Duce) e, se vogliamo allargare lo sguardo,
anche di quella di Buozzi, Bombacci, non escludendo Arpinati. [Vedi anche: Owen
Chadwick: "Gran Bretagna e Vaticano durante la seconda guerra mondiale", Ed. San
Paolo e D. Alvarez, R. A. Graham, "Spie naziste contro il Vaticano", Ed. San
Paolo].
La complessità della società moderna, i suoi tentacoli globalizzati, la
necessità di tutelare, assieme agli interessi nazionali, anche interessi
egemonici di ogni singola nazione, spesso a scapito dei popoli apparentemente
difesi, ha determinato comportamenti spesso incomprensibili ad un analista
superficiale, tenendo presente anche che l'ultra specializzazione imposta dalle
guerre tecnologiche costringe tanti attori di primo piano a concentrarsi sul
proprio settore perdendo di vista il quadro generale.
Il convitato di pietra: l'OVRA.
C'è da chiedersi per quale ragione, trattandosi di quel periodo della vita
nazionale, una componente essenziale della vita civile italiana come l'OVRA, che
a noi risulta trovarsi anche oggi all'interno delle Istituzioni, non sia citata,
almeno per i fatti essenziali. Noi sappiamo che questa organizzazione, durante e
dopo i seicento giorni di Mussolini, ha gestito un doppio, triplo, quadruplo
gioco, con effetti sorprendenti. Per averne un'idea è sufficiente la lettura
della biografia di un personaggio a dir poco emblematico: Giorgio Conforto,
massone e presidente della "Giordano Bruno", deceduto di recente, e per lungo
tempo agente quadruplo. [Vedi l'interessante libro di Francesco Grignetti,
"Professione spia", Marsilio].
Sulla continuità della strategia della tensione in Italia, come corollario alla
guerra 1940-1945, la letteratura è abbastanza vasta. Alcuni testi dovrebbero
peraltro essere tenuti presenti. Fra questi, Daniele Lembo, "La guerra nel
dopoguerra in Italia", Ma.ro; Camillo Arcuri, "Sragione di Stato", BUR; Mario
Almerighi, "Tre suicidi eccellenti, Castellari, Cagliari, Gardini", l'Unità.
A corollario, vale la pena di citare un articolo dello storico Roberto Gremmo,
su "Storia Ribelle" n. 23 dal titolo significativo: "Un ignoto informatore
fascista ai vertici del Partito Comunista biellese durante la lotta di
liberazione". La conclusione dell'articolo è ancor più importante, perché
l'informatore risulta essere poi diventato un dirigente del PCI nazionale.
I retroscena dell'unità nazionale
Il processo unitario nazionale sarebbe rimasto un banale elenco di intrighi e
malaffare di classi dirigenti e di notabili locali se non fosse stato nobilitato
da quel pizzico di follia nazional-popolare costituito da Garibaldi e dal
garibaldinismo. Per il resto, possiamo citare un articolo di Pasquale Villari,
pubblicato su "il Politecnico" nel settembre 1866 ("Terza guerra
d'indipendenza"): «V'è nel seno della Nazione un nemico più potente dell'Austria
ed è la nostra colossale ignoranza, sono le moltitudini analfabete, i burocrati
macchina, i professori ignoranti, i politici bambini, i diplomatici impossibili,
i generali incapaci, l'operaio inesperto, l'agricoltore patriarcale e la
retorica che ci morde le ossa. Non è il Quadrilatero di Mantova e Verona che ha
potuto arrestare il nostro cammino, ma è il quadrilatero di 17 milioni di
analfabeti e 5 milioni di arcadi». [Tratto da: Marco Nozza, "Mazzini Giuseppe
contumace", Sugarco].
Da notare che il quadro descritto dal noto storico italiano a metà ottocento
trova un facile riscontro nella società italiana attuale, mentre esiste anche
una presenza di gente onesta, seria e preparata, che si batte fra mille
difficoltà e rischi per l'indipendenza nazionale, come si può facilmente
comprendere leggendo il libro di Paolo Fornaciari, "Il petrolio, l'atomo ed il
metano. Italia nucleare, 1946-1997", Edizioni 21° secolo.
Ritornando all'argomento principale, occorre ricordare di nuovo che il mito
resistenziale è stato costruito molto a posteriori, negli anni settanta,
utilizzando materiale per lo più posticcio messo assieme dai governi italiani
per poter ottenere, durante le trattative di pace con gli Alleati, condizioni
migliori e meno vessatorie.
Possiamo sicuramente affermare che la RSI era uno Stato nel pieno possesso delle
sue potenzialità istituzionali, che sono state utilizzate nella difesa
dell'integrità strutturale statale anche in momenti di grane difficoltà. Il
cosiddetto "movimento partigiano" come forze organizzate militarmente era
pressoché inesistente, ed i CLN erano reti borghesi costituite da notabili di
provincia, ciascuno dei quali rappresentava in modo del tutto formale e spesso
senza aderenza ideologica i vecchi partiti ricostituiti nel mese e mezzo di
governo nazionale badogliano, che si apprestavano a riprendere in mano la
gestione della cosa pubblica a guerra finita, ma privi di reale autorità come
ampiamente documentato, tanto che lo stesso CLNAI fu scavalcato anche
nell'episodio dell'assassinio di Mussolini. Per quanto riguarda il ruolo del PCI
di Togliatti, occorre ricordare che la sua funzione "fiancheggiatrice" degli
"Alleati" è consistita soprattutto nell'eliminazione, diretta ed indiretta,
degli elementi del Partito Comunista Internazionalista, del movimento
bordighista, e di chiunque sospettato di appartenere alla "sinistra comunista".
Altri libri da prendere in considerazione per una corretta valutazione degli
eventi: Antonio Gibelli, "L'officina della guerra. La Grande Guerra e le
trasformazioni del mondo mentale", Bollati Boringhieri; Daniele Lembo, "La
guerra nel dopoguerra in Italia", Ma.ro; Alessandro Giuli, "Il passo delle oche.
L'identità irrisolta dei postfascisti"; Sara Lorenzini, "L'Italia ed il trattato
di pace del 1947", Il Mulino; Luca La Rovere, "L'eredità del Fascismo", Bollati
Boringhieri; Lodovico Ellena, "Le pagine ritrovate della resistenza", Ed. Tabula
Fati; Luca Tavolini, " La repubblica Sociale Italiana a Reggio Emilia", Ed
All'insegna del Veltro; R. Graziadei e P. De Rosa, "Ultimo giorno, ultima ora,
ultimo minuto", Ed. Settimo Sigillo; AA.VV. a cura di Sergio Bugiardini,
"Violenza, tragedia e memoria della Repubblica Sociale Italiana", Carocci.
Chiarimenti sul concetto di complottismo
L'organizzazione della dialettica politica e storica, elabora parole e concetti
che vengono automaticamente messi in circolazione per annullare l'effetto
sociale e politico della diffusione di informazioni contrarie ai dati manipolati
e falsi messi in circolazione in precedenza.
Tre parole in particolare hanno avuto successo: revisionismo, negazionismo e
complottismo. Conosciamo molti aspetti inerenti le prime due parole. La terza è,
a nostro avviso, la più interessante, perché dovrebbe tacitare chiunque
riferisca o divulghi i retroscena di un qualsiasi avvenimento. Ora, è evidente
che se sono messe in pratica a livello nazionale o internazionale alcune
iniziative politiche, queste sono sempre frutto di discussioni, dibattiti,
scontri più o meno furenti, che precedono un accordo. Rivelare l'origine di
questo accordo, secondo alcuni, è fare del complottiamo. Cioè cercare in
qualsiasi avvenimento la "manina nascosta" di forze più o meno occulte. Stante
l'ignoranza di gran parte degli individui, costretti comunque ad accettare
decisioni prese da esigue minoranze in nome di tutti, sotto la parvenza di
scelte condizionate dalle decisioni "popolari", la bassa circolazione di
informazioni non giustifica di per sé giudizi negativi di segretezza o
quant'altro. Perché questa è la prassi. E tuttavia, per comprendere gli
avvenimenti, è d'uopo cercare di conoscerne i precedenti. Pertanto, se
dichiariamo che il Trattato di Losanna, siglato il 24 luglio 1923, segnò il
tradimento degli impegni assunti precedentemente dalle potenze europee nei
confronti dei popoli assiri e curdi, non facciamo altro che sottolineare un
avvenimento che costituisce un precedente non insignificante della storia
dell'intera umanità da allora fino ai nostri giorni. Come è facilmente
comprensibile. Pertanto, se andiamo a cercare le ragioni di un particolare
comportamento, poniamo, degli esponenti della destra italiana di oggi negli
anfratti dei rapporti reali venutisi a creare sotto la sferza degli avvenimenti,
fra gruppi e persone apparentemente contrapposti (ma evidentemente non del
tutto!) non facciamo dietrologia ma vera e propria ricerca. Infatti, è
l'evidenza dei fatti che ci induce ad agire. Come ciascun medico che, volendo
risalire alle ragioni di una certa malattia, vada frugando nella vita più
nascosta del suo paziente. È quello che ci insegnano i tanti sceneggiati
televisivi. Dottor House in testa.
Da questa ricerca è possibile scoprire tante tare nascoste. Comprendere le
ragioni, (intenzionali!!) di tante informazioni, apparentemente impercettibili,
che circolano sui Media ufficiali. Due esempi chiarissimi nella loro banalità:
la scoperta che le navi trasporto italiane non erano sistematicamente affondate
a causa del tradimento delle altre sfere della Marina, ma dal possesso, di parte
inglese di un potentissimo decriptatore, oppure che gli italiani che si fecero
internare in Germania dopo l'otto settembre avevano compiuto questo gesto non
per ignavia, stanchezza, vigliaccheria, delusione, sfiducia nel futuro, fedeltà
al "giuramento al re" (che caratterizzò la nota decisione di Guareschi) ma per
rifiuto della RSI che all'epoca non era stata ancora istituita come Stato
organizzato.
Sono tutti questi piccoli dettagli, il riuscire a decifrare la realtà degli
avvenimenti uscendo dagli schemi rigidi della contrapposizione diretta (mai
esistita nei fatti), che può permettere la comprensione degli avvenimenti e
costituire la guida per un'azione politica con possibilità di risultati
concreti. Ulteriore esempio: la spasmodica attenzione rivolta dai Media, anche
sotto forma di una «falsa critica di stampo satirico» (vedi recita di Benigni
durante il "rito" di Sanremo), nei confronti di Berlusconi, serve evidentemente
per mascherare quanto sta avvenendo in Italia, in UE e nel mondo. In
conclusione, non è vero che si vada «a menare il can per l'aia» nella vana
ricerca di fatti mai accaduti. Al contrario, la ricerca è motivata proprio dal
fatto che moltissimi fatti realmente accaduti NON sono stati messi a
disposizione dei ricercatori.
Ruolo essenziale svolto dall'analisi geopolitica per la comprensione del
passato e la previsione del futuro
È fuori discussione che il disorientamento ha dominato l'Italia del dopoguerra.
Le cause sono molteplici e fra queste vanno annoverato anche gli equivoci
generati da alcuni fattori che è giusto ricordare: la sciagurata condotta della
guerra, caratterizzata da una sequenza ininterrotta di notizie luttuose, il
tradimento latente e concreto messo in atto dalle alte gerarchie militari,
quelle stesse che il fascismo aveva confermato ed anzi, immeritatamente
esaltato, a cominciare da Badoglio, le responsabilità del quale nella rotta di
Caporetto erano ben note a chiunque s'interessasse di questioni politiche,
recuperato per ragioni massoniche; la dimostrazione eloquente dell'impotenza del
Partito Fascista di fronte al 25 luglio ed ancor peggio all'arresto di
Mussolini. E, su tutto questo, il terrore per un possibile avvento del
comunismo, che attanagliava la maggioranza degli italiani. Non a caso, e non
scrivo per ipotesi personali, gli angloamericani hanno lasciato che i comunisti
si scatenassero sui combattenti socialrepubblicani dopo il 25 aprile. I
risultati si son visti il 18 aprile. Possiamo anche aggiungere senza tema di
smentita, che un certo apparente entusiasmo all'arrivo delle truppe alleate
nella Padania era motivato più dalla certezza che queste potessero proteggere
del comunismo che non dalla sicurezza di poter raccattare qualche cicca.
A proposito del comunismo, c'è una frase di Kerensky che vale la pena di citare.
Scriveva il noto "perdente" della crisi postbellica russa, se per ipotesi si
sottraesse dalla storia tutto quanto hanno fatto i comunisti, si troverebbe il
mondo più avanti e non più indietro nel cammino della civiltà.
Il disorientamento non riguardò soltanto i socialrepubblicani, anche se questi
ultimi peccarono troppe volte di eccessiva ingenuità. Utile in tal senso il noto
libro di De Boccard, "Il passo dei repubblichini", ripubblicato di recente
dall'editore Le Lettere.
Fu anche il prodotto del "rientro" nella vita politica giornaliera, di vecchie
mummie della politica prefascista, fatte passare per antifascisti tanto per dare
loro una qualifica. Con questi decrepiti personaggi, che avevano dimostrato già
negli anni venti la loro sostanziale impotenza, il gioco delle potenze
atlantiche si faceva molto più facile. Non dimentichiamo che l'Italia è
importante per la sua posizione geografica al centro del Mediterraneo. E qui
ritorniamo alla questione di fondo. Dimostratasi fallimentare l'esperienza
ideologica nella gestione delle forze in campo, accentuandosi il disorientamento
di coloro che, avendo aderito al partito che si dichiarava postfascista, si sono
trovati di fronte alle dichiarazioni, discutibili in termini politici ma anche
secondo una logica intrinseca, degli esponenti di vertice di tale partito,
resasi evidente l'inconsistenza dei gruppuscoli neofascisti, l'unica base di
concreta azione politica non può che essere una scelta basata sull'analisi
geopolitica.
Sappiamo bene che l'antitesi amico-nemico che propone la geopolitica è
comprovata dalla storia. Sempre si sono scontrati la Terra ed il Mare. Il
Continente e l'Oceano. E più il Continente (in questo caso l'Europa) ha
dimostrato una capacità di allargamento e di consolidamento, più l'Oceano (GB ed
USA) si sono allarmati. [Vedi: Walter Lippman, "Gli scopi di guerra degli Stati
Uniti", Einaudi, 1946]. Basterebbe la storia delle guerre che Napoleone fu
costretto a sostenere. Noi sappiamo inoltre che la geopolitica d'Italia la pone
in costante oscillazione, se non fibrillazione, fra il Continente ed il Mare.
Sappiamo anche che, fintanto che siamo riusciti a controllare il mare (Impero
Romano, Repubbliche Marinare) abbiamo vinto. Me nell'epoca contemporanea
qualcosa è andata storta. La nostra alleanza col Mare, se pure ha portato ad una
vittoria formale (1918) questa vittoria si è dimostrata un buco nell'acqua. Una
sconfitta in tutte le aspirazioni italiane ed un indebitamento nei confronti di
Gran Bretagna ed USA. Di qui la scelta continentale operata da Mussolini. Di qui
anche lo scontro interno al fascismo ed alle gerarchie massonico-militari,
Marina in testa. L'accentuazione delle opzioni continentali di Mussolini ha
portato a: bombardamento di Roma, scesa in campo di Papa Pacelli, 25 luglio,
attentato ad Hitler del 20 luglio 1944. [vedi: Bellini, "Storia segreta del 25
luglio 1943", Mursia].
Il bello dell'analisi geopolitica consiste nel fatto che permette di valutare
gli avvenimenti nel dipanarsi di un continuum che non ha mai fine. L'analisi
geopolitica non conosce conclusioni, e spiega anche perché la storia più banale
non ha conclusioni. Infatti, alla fine apparente dell'ultimo conflitto è seguita
l'apertura di un nuovo e più complesso fronte, che ha visto contrapposti due
blocchi apparentemente ideologici, quello "liberale" e quello "bolscevico", ma
che erano due differenti formulazioni, dietro alla falsità ideologica, della
contrapposizione fra mare e terra.
Noi, che siamo stati per la scelta continentale, oggi continuiamo a sostenerla,
forti del fatto che la Russia si è liberata del morso bolscevico, le Nazioni
dell'Europa continentale hanno riconquistato l'indipendenza (la libertà di
scegliere una politica che ha per riferimento gli interessi nazionali se non
nazionalistici), un avvicinamento sostanziale, nel nome dell'Impero di Bisanzio
(la seconda Roma) dell'area continentale del Vicino Oriente per rafforzare
un'Eurasia sempre più compatta che si sta a sua volta saldando con Cina ed
India. Ecco perché siamo favorevoli all'ingresso della Turchia nell'UE, mentre
siamo contrari a qualsiasi avvicinamento ad Israele, punta di cuneo dell'Oceano.
Non a caso il nome: Alleanza Atlantica.
Conclusione: la guerra rivoluzionaria
Scrive Emilio Canevari ("Considerazioni politico militari sopra due anni di
guerra" I.N.C.F. Anno XX): «Tutte le grandi guerre sono legate a rivoluzioni
interne: ne sono cause od effetti: generalmente si può dire che vi è un vero
rapporto di interdipendenza fra guerra e rivoluzione. Alberto Sorel ha
dimostrato che la rivoluzione francese non avrebbe assunto il carattere estremo
che ebbe senza la gigantesca pressione della guerra esterna e della prima
catastrofe del 1792, ma, d'altra parte, Clausewitz ha dimostrato non meno
esattamente che la rivoluzione, gettando le immense sue risorse di uomini e di
mezzi tratti dall'intera nazione sull'Europa, ancora mezzo feudale, tra il 700 e
l'800, trasformò il carattere della guerra: «La guerra, divenendo dapprima per
l'una, poi per l'altra delle parti, una causa nazionale, cambiò interamente di
natura, o meglio, si avvicinò alla sua essenza primordiale, alla sua forma
assoluta. I mezzi impiegati non conobbero più limiti. L'energia nella condotta
della guerra venne straordinariamente aumentata, sia per la vastità dei
risultati possibili, sia per l'esaltazione veemente dei sentimenti. L'elemento
della guerra, sbarazzato dagli intralci convenzionali, irruppe con tutta
l'originaria violenza. La causa deve rinvenirsi nella partecipazione dei popoli
alla politica».
Cosa ci potrebbe riservare il futuro? La partecipazione delle masse a qualsiasi
avvenimento è un dato di fatto. Può trattarsi di un'apparizione papale o di
qualche santo, di manifestazioni di piazza per il pane ed il companatico. Tant'è
vero che qualsiasi potere cerca di distrarre queste masse con strumenti via via
più sofisticati. Le masse sono facilmente fuorviabili ma ci sono. L'unica
soluzione politica consiste nel non sbagliare obiettivo. Si potrà perdere
nell'intermezzo, ma nel lungo periodo non si può che vincere.
Giorgio Vitali
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