Il PDL è servito
Faber
da "Spigoli" -
http://www.spigoli.info/archives/139
Dopo le prove generali -perfettamente riuscite- del 13 e 14 aprile, il Cavaliere
ha tastato il terreno -perfettamente fertile- portando all'attenzione del
Parlamento un po' di "cosucce" con un leggero profumo "ad personam", senza
incontrare alcuna resistenza interna.
Ora, tutto è pronto per la completa fidealizzazione. Un progetto da tempo nella
sua mente e la performance del predellino non era che una puntata della
"fiction".
Lui proclama la nascita del PDL, Fini punta i piedi e fa i capricci?
Lui benedice la scissione ed il nuovo partito di Storace. Fini si pente e si
converte, allora lui scarica Storace e camerati.
Per lui, ambizioso presidente del Milan, una trasposizione politica del
calcio-mercato: acquisita la prima ondata di ingaggi -certamente la più corposa,
ma anche quella che sarebbe dovuta essere la più faticosa perché affrontata su
un terreno identitario, almeno così pareva …- passa a pianificare gli altri
spezzoni del copione.
Casini punta i piedi e dichiara l'indipendenza centrista? Lui offre rifugio ed
assistenza ai rivali Giovanardi, Rotondi e Pizza, ben incensati con rimborsi
d'oro e posti di governo. Casini non si pente e non si converte, allora lui gli
cannibalizza le truppe periferiche terrorizzandole con gli sbarramenti
elettorali ed è pronto lo sgambetto alle prossime europee. La "bozza Bocchino"
(dal nome del suo primo firmatario, pienamente calato nel ruolo di giustiziere
delle minoranze) propone l'ostacolo del 5%, ed i centristi, nonostante abbiano
superato quello nazionale con un dignitoso 5,6%, dopo un anno di anonima
semi-opposizione potrebbero vedersela brutta.
In ogni caso, la quota alta servirebbe a debellare definitivamente il "pericolo
comunista" ed a rafforzare il favore già fatto al Presidente della Camera,
ampiamente meritevole per la svendita repentina ed indolore di AN. Sarà un gioco
da ragazzi punire duramente la riluttanza di coloro che si agitano a destra,
rivendicando la fiamma e la sua continuità, e non intendono piegarsi alle sirene
del PDL.
Questo il da farsi sul piano esterno, alla disperata ricerca della perpetuazione
di un successo (mascherata da lotta per il "voto utile"), con l'unico
problema di avere una cospicua compartecipazione della coriacea e per nulla
arrendevole Lega. Ma per Bossi e soci avrà in serbo qualche altra sorpresa.
Anche sul fronte interno, però, le idee del Cavaliere sono chiare e ben espresse
nella recente circolare, firmata dai due proconsoli Verdini e La Russa, inviata
a dirigenti ed eletti di Forza Italia e di Alleanza Nazionale, ricca di
istruzioni per completare il percorso verso il PDL. Sul piano organizzativo
l'accelerazione è evidente («… formare sin d'ora, sotto la guida dei
coordinatori regionali, un coordinamento regionale del PDL» che dovrà «formare
in ogni provincia e comune il coordinamento del PDL» e «costituire una
federazione tra i gruppi consiliari»), ma ciò che lascia perplessi è la rigida
ripartizione all'interno di queste strutture: «Occorrerà avere come punto di
riferimento l'intesa stipulata tra partiti prima delle elezioni per la
formazione del PDL (75%-25%), poi corretta all'atto delle candidature
(70%-30%)», seppure «evitando incomprensibili discussioni che possano scaturire
dalle questioni locali». Tanto prevedibili che «vi preghiamo di darci su questo
punto tempestive informazioni».
Dalle parti di AN, con appena il 25-30% di posti all'interno di questi nuovi
organismi, diventerà difficile parlare ancora di semplice confluenza, come
-proprio in polemica col coordinatore nazionale azzurro, cofirmatario della
circolare- fece il reggente Ignazio: «…AN intende proporre non lo scioglimento
ma la confluenza reciproca in un nuovo soggetto politico, capace di conservare
militanze, storia e tradizione di ciascuno degli aderenti». ("il Tempo", 14
giugno 2008)
Una disfida sui termini che rischia di proseguire: sarà annessione o
fagocitazione?
A quanto si dice nei corridoi che contano, FI avrà la decenza di organizzare
solamente una spettacolare convention che sancirà la sua fine. Una festa degli
eletti azzurri chiamati a firmare una cambiale sulle loro future elezioni, che
solo Berlusconi potrà decidere se avallare o meno. Diversamente in AN si
continua a parlare di un vero e proprio congresso con delegati che farebbe
pensare a tesi contrapposte. Ma in attesa di almeno un dissidente, si
profila una semplice ratifica di ciò che già è stato deciso dai vertici romani e
supinamente accettato dai quadri dirigenti periferici. Forse ancora
inconsapevoli dell'effetto schiacciamento che rischiano nel confronto sul
territorio con gli svezzati cugini.
Anche un altro aspetto della proposta elettorale la dice lunga sullo scenario
politico che si vorrebbe disegnare: l'eliminazione della preferenza -prevista
nella 'bozza Bocchino, ma proveniente dalla mente del Cavaliere- prefigura non
più liste di "candidati", ma nuovamente di "nominati". L'inevitabile
preludio alla completa parlamentarizzazione delle strutture decisionali del
costituendo PDL, con annesse doti richieste per i primi posti in lista:
affidabilità, obbedienza, riconoscenza verso il dominus a cui si deve la nomina
e poco più…
Ovviamente, in parallelo alla scomparsa di un valore tanto caro agli ex-missini,
per decenni anche chiave della selezione dei quadri dirigenti: la militanza.
D'altronde, fu proprio Berlusconi a sottolineare, in piena campagna elettorale,
che a lui sarebbe bastata un pattuglia di parlamentari pensanti, gli altri
almeno ubbidienti e pigianti: «In Parlamento chi lavora sono trenta persone.
Tutte le altre devono essere lì, leali, e devono essere presenti dalle nove di
mattina alla nove di sera». ("Libero", 1 marzo 2008).
Il vero problema è che anche i secondi vengono pagati profumatamente.
La "bozza Bocchino" è la più spietata contro i partiti che rivendicano un
profilo identitario, eppure un tempo anche il vicecapogruppo alla Camera era
parte integrante di una minoranza orgogliosamente ricca di identità, ma a quanto
pare la memoria non è dote prevista in politica.
Contro l'ipotesi di approvazione di questa legge elettorale capestro si può
prendere in prestito una dichiarazione datata, ma lungimirante, autorevolmente
espressa contro la riforma elettorale di quegli anni.
Un ottimo suggerimento per i candidati alla scomparsa parlamentare per mano
altrui:
«Qui la partita è truccata, le regole drogate e noi non ci stiamo. L'unica cosa
da fare, con la massima urgenza, è avvertire i cittadini, smascherare
l'imbroglio camuffato da rinnovamento che ci hanno confezionato…».
Così Gianfranco Fini ("l'Italia settimanale", 17 febbraio 1993) contro il
maggioritario che avanzava inesorabile e minacciava di estinzione i missini di
allora.
Faber
da "Spigoli" -
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il COMMENTO di Giorgio
Vitali:
«Tutte le forme
attuali d'attività tendono verso la pubblicità, e la maggior parte
di esse vi si esaurisce»
Jean Baudrillard
L'articolo che pubblichiamo è un'analisi precisa di quanto sta
avvenendo. Ma non è una novità. L'intero impianto del partito messo
in piedi da Berlusconi preludeva a questa situazione. Che lui ne
fosse cosciente o meno NON possiamo stabilire, perchè nel momento in
cui egli è «sceso in campo» (per usare uno dei suoi slogan
preferiti) lui doveva per forza puntare su un nucleo di parenti,
semiparenti, amici, collaboratori, dipendenti, professionisti del
suo "seguito" (avvocati, commercialisti, consulenti a vario titolo),
massoni del suo enturage, con il finanziamento indiretto del
Vaticano tramite Andreotti.
Accade spesso nella storia che un avvenimento di rilevanza nazionale
o internazionale nasca per la confluenza di più fattori, alcuni dei
quali occasionali. Questo era ed è rimasto il "partito" del
Cavaliere. Se nei fatti il comportamento parlamentare ed associativo
di tale partito non si è discostato di molto da quello degli altri
partiti di questo Regime, col loro codazzo di "clientes", sta di
fatto però che la nascita condiziona per sempre la vita. FI e CDL
sono creature del Cavaliere, modellate col carattere imprenditoriale
che gli è proprio. Si tratta di un'imprenditorialità "aperta", con
la quale gestisce identicamente la sua azienda ed il partito. Questa
è la novità, rispetto agli schemi rigidi della vecchia partitocrazia
italiana, costituita per lo più da dipendenti e funzionari statali,
che hanno assorbito sempre la rigidità propria di quelle antiche
strutture.
A questo punto veniamo al problema politico.
1) L'espansione del partito del Cavaliere ha davanti un cammino già
tracciato. E lo vediamo dettagliatamente leggendo l'articolo.
2) Il successo del Cavaliere, dovuto al tonfo dello pseudo
centro-sinistra, permette a costui quello che vuole, mentre AN,
tagliati definitivamente i ponti con le pochissime radici del
Partito Nazionale Fascista ancora rimaste nel MSI, è un corpo
senz'anima destinato ad essere assorbito da altra agglomerazione, in
cambio di una congrua "sistemazione" dei dirigenti. I partiti
centristi staranno alle decisioni della strategia vaticana, mentre
la Lega dovrà adeguarsi inesorabilmente alle esigenze di carattere
geopolitico espresse nelle Regioni di lingua francese e
mitteleuropea limitrofe alla Padania. Come è sempre accaduto da un
paio di millenni in qua.
3) La pressione dovuta all'esigenza di ADEGUARE i partiti italiani
alle richieste dell'Unione Europea (non sappiamo quanto
modernizzanti), giustifica qualsiasi operazione interna ai singoli
partiti. In questo caso, comunque, pilotata da un autocrate.
4) La trasformazione IN ATTO della politica italiana ed europea
viene gestita in Italia all'ombra della Massoneria e dei suoi
accordi con lo Stato Pontificio. (leggere: "Fratelli d'Italia", BUR,
di Ferruccio Pinotti).
5) La falsissima ed artificiale crisi economica mondiale serve per
giustificare una stretta sociale e politica a favore dei Ceti
dominanti.
6) L'agglomerazione dei mestieranti della politica in congreghe di
"yes-men", ci ricorda gli pseudo-parlamenti dell'epoca imperiale
romana, dell'Inghilterra elisabettiana e vittoriana, della Francia
dei due Napoleoni.
7) Il progetto "finale", qual'è nella mente dei «veri strateghi» ci
sfugge, nè possiamo ipotizzarlo. E tuttavia, come nei casi sopra
accennati, la possibilità storica di uscirne politicamente c'è
ancora.
8) Si tratta, per gli "spiriti ancora liberi" di elaborare un
progetto politico realmente alternativo, che presupponga la capacità
di interpretare la REALTÀ sociale così come si presenta e sia
inoltre capace di fare leva sui CETI EMERGENTI (dotati di capacità
culturali, intellettuali, tecniche, creative, organizzative e
morali). Un esempio noi italiani l'abbiamo avuto, ed anche
abbastanza recente.
Giorgio Vitali
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